Sant’Agnello, sull’housing sociale il Riesame non concede sconti e chiama in causa anche la politica
SANT’AGNELLO – Le motivazioni con cui il Tribunale del Riesame ha respinto l’istanza di dissequestro dell’housing sociale hanno avuto ampio risalto mediatico gettando ulteriormente nello sconforto gli assegnatari dei 53 appartamenti progettati dall’ing. Antonio Elefante. Un’opera che, alla vigilia della consegna agli acquirenti, è stata bloccata dall’intervento della Procura di Torre Annunziata che ha ravvisato nell’affaire immobiliare una serie di irregolarità al punto da farlo ritenere completamente abusivo. Come si legge nel provvedimento, il sequestro della struttura va a garantire gli stessi assegnatari cautelandoli rispetto a un acquisto, non ancora del tutto perfezionato, di immobili abusivi per cui sarebbero molteplici anche le conseguenze che ne deriverebbero ai loro danni una volta entrati in possesso materiale degli immobili. Il Riesame classifica l’intera operazione edilizia come “abusiva” per la violazione delle norme vincolistiche sul piano urbanistico, paventando l’ipotesi di doversi classificare l’opera alla stregua di una vera e propria “lottizzazione abusiva” con pesanti implicazioni di natura penale per tutti gli attori coinvolti.
Da qui la “premura” degli inquirenti di bloccare l’operazione in extremis. Si tratta di un ragionamento sicuramente “indigesto” per chi si è visto sfuggire sul filo di lana il conseguimento di un traguardo vitale qual è appunto l’acquisto di una casa, ma ipotizzare rogiti notarili in un tale contesto e con essi anche l’erogazione di eventuali mutui bancari sarebbe assurdo sotto tutti i punti di vista. Gli acquirenti hanno anticipato cospicue somme di denaro per aver diritto all’acquisto nell’ambito di una graduatoria che ha visto anche in tanti costretti a rinunciare all’opportunità per l’indisponibilità a dover far fronte a una spesa comunque considerata molto consistente; inoltre è stato consentito l’acquisto anche di una quota di appartamenti a non residenti a Sant’Agnello e a esponenti di forze dell’ordine, circostanza giudicata illegittima rispetto alla prevista destinazione urbanistica dell’area, quella cioè di edilizia economica e popolare e non già residenziale qual è appunto l’housing. Quello che il collegio del Riesame rivela è, a suo dire, la “mala fede” dell’Amministrazione Comunale di Sant’Agnello che, praticamente, avrebbe consentito la realizzazione dell’intervento pur conoscendone la inattuabilità per come è stato concepito in contrasto con gli strumenti di programmazione e addirittura rispetto a un progetto commissionato e pagato dal Comune proprio per ridefinire l’area PEEP e che, inspiegabilmente, non è stato tenuto in alcuna considerazione.
Si tratta di passaggi che aprono tutta una serie di possibili implicazioni a carico sia della politica sia degli uffici preposti, ma impongono anche un più approfondito accertamento sui controlli che, nel corso del tempo, sono stati comunque effettuati sull’affaire da parte degli inquirenti preposti alle verifiche della regolarità dell’intervento. Perchè tali controlli sono stati effettuati e, per quanto è dato sapere, hanno dato esiti negativi per cui i lavori autorizzati dal Comune sono proseguiti ininterrottamente e nonostante la Provincia di Napoli avesse contestato la conformità urbanistica dell’intervento che, ormai è ampiamente acclarato, non consente di applicare le norme di cui al cosiddetto “Piano-Casa” varato dalla Regione Campania per bypassare i vincoli del PUT.
Su questo punto l’Amministrazione Comunale aveva chiesto un parere al prof. Ferdinando Pinto che rinviava al pronunciamento della Consulta la possibilità di derogare al PUT per la realizzazione dell’opera: circostanza negata che però non ha dissuaso l’Ente dal bloccare l’operazione edilizia. Perchè ciò non è avvenuto? Perchè si è consentito di portare avanti l’housing e di procedere con l’assegnazione degli immobili da parte della società costruttrice ben sapendo che una “spada di damocle” pesava sull’opera e che ne avrebbe certamente pregiudicato il buon esito? A queste e a molte altre domande occorre trovare la risposta che invocano gli acquirenti degli immobili alcuni dei quali realmente vivono situazioni drammatiche per non avere più un alloggio dove abitare, per aver investito i propri risparmi in un acquisto rivelatosi “incauto” per le gravi difformità urbanistiche che lo contraddistinguono. Dal quadro delineato dai diversi pronunciamenti giudiziari su questa vicenda è evidente che troppi “conti non tornano” perchè se “tutto è filato liscio” fino ai preliminari di vendita, occorre ricostruire nei dettagli i passaggi e le responsabilità che hanno scandito la realizzazione dell’opera per venirne a capo e, per quanto riguarda gli acquirenti, intraprendere le necessarie azioni di autotutela ai fini risarcitori essendo improbabile che le abitazioni possano essere dissequestrate per consentirvi l’insediamento dei nuclei familiari che ne hanno diritto.