In Campania è record di laureati che emigrano per il lavoro

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SORRRENTO – La Campania è la prima regione italiana per numero di laureati costretti a spostarsi per trovare lavoro, nonostante sia terza nella graduatoria per laureati totali. La maggior parte dei campani si spostano nel Lazio e nella Lombardia, con Roma e Milano come mete preferite. Tanti anche i laureati campani che emigrano all’estero nella speranza di trovare un impiego, secondo i dati mostrati durante il 9° Congresso nazionale dei Consulenti del Lavoro. Durante questo evento tenutosi nel mese di aprile, sono stati presentati i risultati del report “Le dinamiche del mercato del lavoro in Campania”, realizzato appunto dall’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro.
Il report innanzitutto evidenzia un dato positivo e importante per la regione Campania, che in termini assoluti si piazza al terzo posto nella classifica delle regioni italiane per numero di laureati e laureati occupati. Al primo posto di questa graduatoria troviamo la Lombardia, seguita a ruota dal Lazio. Insomma, i giovani campani si laureano all’interno dei confini regionali e alcuni di loro vi trovano lavoro, ma sono sempre di più coloro i quali sono costretti a spostarsi altrove. Sì, perché la Campania è al primo posto nella graduatoria per numero di occupati laureati in una regione di residenza diversa da quella di iscrizione al corso di laurea.
Il 23% dei laureati campani, secondo il report di cui sopra, trova lavoro fuori regione. Il Lazio è la destinazione preferita, che accoglie il 7% dei giovani campani, contro il 6% della Lombardia. Al terzo posto, con il 3% troviamo la destinazione estera: nel 2015, infatti, sono stati 850 i laureati campani che hanno trovato un’occupazione fuori dai confini nazionali. Secondo i dati Istat, invece, la Campani risulta essere in generale il terzo bacino di laureati italiani con 32.180. I dati fanno riferimento all’ultima indagine condotta sui laureati del 2011 osservati a tre anni di distanza dal conseguimento della laurea.
La disoccupazione giovanile rimane uno dei problemi endemici del sistema Italia. Il precedente governo Renzi ha provato a porvi rimedio con due interventi, ossia il Jobs Act e la decontribuzione. Il primo ha sostanzialmente rivoluzionato la disciplina del lavoro, eliminando l’articolo 18 e introducendo il contratto a tutele crescenti. Lo stesso, va a sostituire il contratto a tempo indeterminato con un numero di tutele ridotto per i primi 3 anni dei lavoratori. Licenziamenti più facili, dunque, ma anche decontribuzione in vigore fino a tutto il 2015, in modo da consentire ai datori di lavoro di assumere senza dover versare i contributi per i primi tre anni. I contributi non versati, ovviamente, sono stati garantiti dallo Stato con una spesa di circa 15 miliardi di euro.
Questi interventi, secondo il parere fornito dall’OCSE, ha consentito di migliorare leggermente la situazione del mercato del lavoro, ma si rimane comunque sotto i livelli pre-crisi. Il mercato del lavoro in Italia continua ad essere uno dei peggiori del mondo sviluppato e il tasso di disoccupazione è il terzo più basso di tutti i paesi OCSE, dietro solo a Grecia a Turchia. La disoccupazione del Bel Paese, inoltre, è ancora oggi di “molto superiore alla media dell’area euro”.

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