“Grattino scaduto?” Anche senza regolamento comunale fioccano le contravvenzioni

grattaAusiliari del traffico e vigili urbani continuano  multare le auto in sosta sulle strisce blu che presentano il “grattino” fuori orario, cioè scaduto. Nonostante non sia previsto dal codice della strada e la conferenza stato-regioni abbia chiarito che i Comuni che intendono sanzionare il grattino scaduto con la contravvenzione debbano farlo adottanto un apposito regolamento, gli addetti irrorano la sanzione per “grattino scaduto”. Tale comportamento costituisce un evidente abuso da parte delle Amministrazioni che in parte confidano nell’ignoranza degli automobilisti sulla materia, ma anche sul fatto che la Cassazione in ripetute occasioni ha sentenziato che non è possibile opporre ricorso avverso l’avvenuto pagamento della contravvenzione richiamandosi alla vigente normativa perchè essendone a conoscenza il cittadino non avrebbe dovuto pagare. Se l’ha fatto ha praticamente regolarizzato la posizione dell’Amministrazione. Inoltre a scoraggiare la presentazione di ricorsi è la circostanza che costano più della sanzione stessa per cui le Amministrazioni, in barba al diritto, continuano a lucrare sui grattini scaduti. Riportiamo la nota esplicativa sull’argomento:

gratta2Se il «gratta e sosta» sul parabrezza dell’auto parcheggiata nelle strisce blu non c’è, sappiate che non avete scampo: coda tra le gambe e via, pagaremulta e tacere. Nessuno sentirà ragioni. Giustamente. Ma se il tagliando è soltanto scaduto, nel senso che avete dimenticato di comprarne uno nuovo o non avete fatto in tempo a sostituirlo perché ausiliari del traffico, «ghisa» e «pizzardoni» vari erano appostati sotto la vostra auto, bene, in tal caso una speranza c’è. Pagherete qualcosa, certo, ma nonsubirete quelle mazzate che, per una violazione di pochi centesimi, in alcuni casi arrivano anche oltre i 40 euro. Il punto è che le amministrazioni locali, nonostante ne siano a conoscenza, continuano a scaricarne a migliaia di questi verbali sulle spalle dei cittadini: e c’è pure una spiegazione, come vedremo. È dal marzo del 2010 che la disputa è (sarebbe?) stata chiarita, per quanto possibile, grazie ad un parere tecnico-legale emanato dal ministero delle Infrastrutture (Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione e i sistemi Informativi e Statistici- Direzione Generale per la Sicurezza Stradale-Divisione II. Prot. 25783) a firma dell’ingegner Sergio Dondolini: «Se la sosta» – si legge nel documento – «viene effettuata omettendo l’acquisto del ticket orario, deve essere necessariamente applicata la sanzione… Se invece viene acquistato il ticket,ma la sosta si prolunga oltre l’orario di competenza non si applicano sanzioni ma si da corso al recupero delle ulteriori somme dovute, maggiorate dalle eventuali penali stabilite da apposito regolamento comunale, ai sensi dell’art. 17 c. 132 della legge n. 127/1997. A parere di questo Ufficio in caso di omessa corresponsione delle ulteriori somme dovute, l’ipotesi prospettate dacodesto Comune, di applicare la sanzione di cui all’art. 7 c. 15 del Codice, non è giuridicamente giustificabile, in quanto l’eventuale evasione tariffaria non configura violazione alle norme del Codice, bensì una inadempienza contrattuale, da perseguire secondo le procedure “jure privatorum” a tutela del diritto patrimoniale dell’ente proprietario o concessionario… ». In sintesi, se il grattino è scaduto non può esserci multa perché non c’è lanormache lo prevede. E questi pareri, si sa, in assenza di una disciplina legislativa definita,diventano vincolanti a differenza delle sentenze dei giudici di pace che non costituiscono giurisprudenza in senso stretto. Siamo pur sempre in Italia e del «diman non v’è certezza ».

Ad affiancare il ministero, corroborando la tesi dell’inap – propriatezza/illegittimità della sanzione pecuniaria, ci hanno poi pensato diversi giudici di pace distribuiti sul territorio italiano, l’ultimo dei quali, in ordine di tempo, è stato quello di Lecce: un infuriato automobilista salentino, opportunamente informato, s’era infatti rivolto all’autorità giudiziaria per vedersi riconosciuta la non regolarità e, quindi, l’inefficacia della sanzione elevata in suo danno per la cifra di 30 euro a fronte di un tagliando scaduto da poche ore, incardinando il tutto sul presupposto che la multa non poteva poggiare su quella motivazione (cioè il «grattino» scaduto) in quanto non esiste la norma che ne contempli la fattispecie. In parole povere, non c’è una «legge » che impone ai pubblici ufficiali di multare l’automobilista che sul cruscotto del parabrezza ha lasciato un biglietto andato fuori orario: lo possono fare se non ce l’ha (la cosiddetta «mancata esposizione») ma se è semplicemente scaduto devono procedere per il recupero delle somme per differenza, che è cosa diversa dalla contestazione formale di una sanzione pecuniaria con relativa pretesa. In pratica è come se si trattasse di un rapporto di natura civilistica tra la società emittente il biglietto e il conducente o titolare dell’automobile: se il mio tagliando è scaduto da due ore e per quelle due ore avrei dovuto pagare altri quattro, sei od otto euro (ogni città ha le sue tariffe, in genere tremende dappertutto), avendone versato soltanto uno per la prima ora, non devo pagare 24, 37 o 41 euro a seconda dei casi, bensì la differenza tra il versato e il dovuto.

Vadasé che, in base a queste cognizioni, il discorso cambi e pure di parecchio se si considera che una delle principali ragioni delle multe elevate è proprio quella del «time-out» in striscia blu. Ma allora perché i comuni continuano imperterriti? Sempre una questione di soldi è: se per fare un ricorso al giudice di pace occorre un versamento per diritti d’ufficio di almeno 37 euro, ovvio che preferisco pagarne 24 di sanzione. Certo, c’è pur sempre il prefetto cui rivolgersi entro 60 giorni (entro 30 se ci si appella al giudice di pace) dalla notifica del verbale di contestazione e al quale non bisogna versare nulla,ma anche nel suo caso la tempistica e le solite paludi burocratiche scoraggiano gli automobilisti multati ma poco determinati, cioè la maggioranza. E così, come spesso succede, le persone preferiscono pagare.

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