Indagine dell’OSEC sulla spesa di Natale 2010
Pubblichiamo i risultati dell’indagine condotta dall’ Osservatorio Socio Economico e dei Consumi sulla spesa di Natale 2010, illustrati dal direttore Benedetto Di Meglio.
Il nostro campione:
400 campione telefonico
1000 campione e-mail
Interviste
80% famiglie a reddito fisso ( lavoratori dipendenti e pensionati)
10% professionisti, lavoratori autonomi
10% studenti e senza reddito
La composizione media della famiglia è 2 coniugi di media età (35 – 45) con due figli in età scolare.
Per i pensionati si tratta sempre di coppie
Studenti e senza lavoro sono single
Le domande.
Quanto pensi di spendere per i regali di Natale
10% 100 €; 43% 200; 27% 300 €; 12% 500 € 8% dichiara di non poter spendere
Cosa pensi di comprare
35% piccoli oggetti; 24% casalinghi; 12% prodotti tecnologici; 8% viaggi; 11% dichiara di non potere acquistare nulla
Dove
41% nei mercatini di natale; 16% nei negozi abituali; 22% dove ci sono offerte vantaggiose; 8% nei negozi di griffe; 13% dove capita
Per chi
78% familiari e casa; 13% amici; 9% dichiara conoscenti vari
Quanto pensi di risparmiare sulle entrate della tredicesima
50% nulla perché bisogna pagare rate e bollette arretrate ; 9% conserva qualcosa per i saldi; 20% conserva qualcosa per le spese dei figli; 21% non ha tredicesima
Quali sono le fonti maggiori di spesa in ordine decrescente
1. Rate di debito
2. Mutuo casa
3. Bollette e imposte di fine anno
4. Spesa alimentare
5. Figli
6. Manutenzione casa
Cosa pensi di comprare in occasione dei saldi
54% abbigliamento invernale
18% Scarpe
10% capo di griffe
18% nulla
Quale è la spesa più cara per il pranzo di Natale o di Fine Anno
Pesce e frutti di mare
Spumante dolci frutta secca e ortaggi
Benedetto Di Meglio, direttore dell’OSEC (Osservatorio Socio Economico e dei consumi)
Vetrine piene, tasche vuote in attesa dei saldi: si compra poco e si consuma con misura.
In questi giorni, tra un sondaggio sulla qualità della vita e un’altro sul propensione di spesa per Natale, tra le lamentele dei commercianti, degli albergatori (qualche anno fa tutti tacevano quando si raddoppiavano i prezzi con la scusa dell’Euro) e le illusioni del calo della disoccupazione, gli acquisti languono, le tredicesime se ne vanno per pagare i debiti pregressi e tutti lamentano il calo dei consumi.
Parliamoci chiaro: ma cosa dovremmo consumare ancora? Pagate le rate degli acquisti del 2010, pagate le bollette rincarate e in previsione dei futuri aumenti, previsto qualcosa per i figli senza stabile lavoro, preparato il cenone di Natale, pagati il muto e il fitto e l’assicurazione e quant’altro di obbligatorio, quello che resta per godercela è veramente poco quasi niente. Questo è il ritornello che ci cantano le tantissime persone che ci contattano e che rispondono alle nostre interviste .
Non sono le lamentele di sempre, dalle telefonate e dalle risposte che ci giungono appare un sottile malessere: non c’è consumo che sia soddisfacente o che permetta un minimo di gratificazione. Impera un’incertezza formidabile di futuro e tutto si muove all’insegna della precarietà.
Effettivamente le vetrine dei nostri commercianti sono piene di merce (specialmente di capi d’abbigliamento e di scarpe) che difficilmente saranno acquistai prime dei saldi dell’inizio di gennaio. E dovranno essere veri saldi, con lo sconto almeno del 50%, per trovare attenzione e consenso da parte dei consumatori! Nella nostra ultima indagine conclusa in queste ore, abbiamo chiesto agli intervistati come prevedono di spendere i soldi della tredicesima. Le risposte sono coincidenti, quasi drammaticamente tutte uguali: molto per i debiti contratti nell’anno, qualcosa per la casa, un regalino per il partner (moglie o marito che sia), qualcosa per i figli, il resto per il pranzo di Natale in famiglia e di Capodanno con qualche amico rigorosamente in casa. E cosa dovrebbero consumare di più le famiglie napoletane di ceto medio, lavoratori dipendenti che hanno la fortuna di essere tali, in una città all’ultimo posto per la qualità della vita, che si avvia verso una diffusa povertà di massa e col tasso di disoccupazione tra i più alti d’Italia. Ci viene da fare una riflessione azzardata ma pertinente: ma ci rendiamo conto che l’era del consumismo di massa è finita? Invecchia la popolazione (le donne hanno una previsione di vita che supera gli 80 anni), si riducono i lavori stabili, cala la natalità, maturano nuove esigenze di qualità della vita non collegate al consumo superfluo e immediato (la salute, la conoscenza, i valori sociali, ecc..), si riduce il reddito disponibile per la maggioranza degli italiani che non possono più risparmiare! Il consumismo di massa ha esaurito la sua spinta propulsiva.
In un contesto di grande difficoltà economica per le famiglie della nostra regione,siamo ormai uno dei territori col più basso reddito pro-capite, è allarmante l’immagine che appare dagli atteggiamenti della “classe dirigente” così come si presenta all’opinione pubblica attraverso i media. Una volta si diceva Festa, farina e Forca, oggi viene di pensare Festa , Furti e Frottole. Ci restano solo le Feste, per dimenticare per qualche giorno i nostri problemi di sopravvivenza quotidiana, ma è la società che rischia di affondare… e non bastano le feste e le ricorrenze del natale per far funzionare la città e avviare una ripresa nella legalità. Le nostre rilevazioni lanciano un segnale accorato a tutta la classe dirigente locale a partire dal ceto politico impegnato in grandi trasformazioni. Occorre lavorare sodo e da subito per evitare il continuo impoverimento delle famiglie, un ulteriore calo dei consumi può alimentare la deriva verso l’illegalità e la debolezza della nostra struttura economica e sociale. Forse c’è bisogno di qualcosa di più, qualcuno dice che si tratta di amore. Immaginate se nelle vetrine si potesse esporre l’amore: l’amore per il prossimo, per i figli, per le donne e gli uomini , per l’arte o per la natura: ci sarebbe una folla di consumatori in fila. Ma sono cose che non si comprano, sono cose che si costruiscono a poco a poco: proviamoci un po’ tutti e vedremo che si esauriranno le lamentele dei venditori e le recriminazioni dei consumatori.