L’EMERGENZA CONTINUA DEI RIFIUTI CAMPANI *
A meno di due anni dall’approvazione del piano Bertolaso che avrebbe dovuto risolvere definitivamente l’emergenza rifiuti in Campania è scoppiata una nuova crisi. Perché? Non sono state individuate soluzioni condivise sulla localizzazione degli impianti. La realizzazione dei tre inceneritori e delle dieci discariche previste è in forte ritardo. I politici locali hanno interesse a cavalcare il malcontento dei loro elettori. Ora anche il presidente del Consiglio ha sconfessato il piano originario. Prevedibile che l’emergenza rifiuti si ripresenti entro breve tempo. A meno di due anni dalla dichiarazione di fine emergenza, Napoli e l’area metropolitana sono di nuovo invase dai rifiuti: come è potuto accadere, e soprattutto perché?
Nel 2008 l’emergenza rifiuti a Napoli e in Campania aveva raggiunto il suo culmine, ma in realtà altre fasi di crisi c’erano state sul finire degli anni Novanta e nel 2002-2003, per poi acuirsi di nuovo a partire dal 2006.
IL PIANO BERTOLASO DEL 2008
Il motivo delle crisi ricorrenti è sempre lo stesso: la mancata realizzazione di impianti sufficienti per lo smaltimento dei rifiuti, a causa dell’incapacità della classe politica di individuare soluzioni condivise, di fronte alla feroce opposizione delle comunità locali a tutti i tentativi di localizzare impianti anche nei siti più isolati.
Vale la pena ricordare alcuni dati: ogni giorno in Campania si producono circa 7.500 tonnellate di rifiuti: di queste circa 4.400 tonnellate al giorno sono prodotte in provincia di Napoli, e di queste circa 1.450 nella città di Napoli. Il 53 per cento dei cittadini della Campania vive sull’8,2 per cento del territorio, in provincia di Napoli. La Campania è l’unica Regione in cui è stata introdotta per legge regionale la “provincializzazione” del rifiuto: gli Rsu prodotti in una provincia devono essere smaltiti nei suoi confini.
Nel 2008 il governo approvava, con un decreto poi convertito in legge (legge 123/08 del 14/7/2008), il cosiddetto “piano Bertolaso” per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Il piano prevedeva la costruzione di tre inceneritori (Acerra, Salerno, Napoli) e dieci discariche, conferendo una serie di poteri speciali al capo della Protezione civile, e dichiarava, tra l’altro, i siti scelti per lo smaltimento aree strategiche protette dall’esercito.
Il piano prevedeva anche un forte, compulsivo incremento della raccolta differenziata nei comuni della Campania, con sanzioni gravi, fino al commissariamento, per quelli inadempienti.
Finora è stato messo in esercizio il solo inceneritore di Acerra e cinque discariche delle dieci previste. Ma il piano è entrato in crisi solo dopo due anni, a causa della mancata realizzazione di alcune discariche indicate dal piano, e in particolare quella di Cava Vitiello, a Terzigno (che, con un invaso di circa quattro milioni di metri cubi, costituiva il polmone principale del sistema), insieme al forte ritardo nella realizzazione dei due inceneritori di Napoli e Salerno (per i quali ad oggi non è stata nemmeno bandita la gara).
Il sistema è quindi rigido e fragile, perché “tirato” al limite e privo di soluzioni di riserva da utilizzare in caso di imprevisto; per esempio, è basato sull’ipotesi di produzione massima dell’inceneritore (2mila tonnellate al giorno) per 365 giorni l’anno. Ogni volta che si ferma una linea, occorre trasferire 650 tonnellate di rifiuto al giorno alle discariche. Quando si sono fermate due linee contemporaneamente, si è andati vicini al collasso, con 1.300 tonnellate di rifiuto in più da collocare in discarica ogni ventiquattro ore, tutte in provincia di Napoli, e quindi a Terzigno, dato che la discarica di Chiaiano ha vincoli molto stretti sulla quantità massima di rifiuti che può ricevere nelle ventiquattro ore.
Ciò ha portato ovviamente a un aggravamento delle condizioni operative di gestione: più rifiuti significa più compattatori in fila sulle strade, più ore dedicate allo scarico e meno ore alla coltivazione (copertura del rifiuto con terra). Se poi si aggiunge che, in estate, l’ufficio regionale che gestisce centralmente i flussi dei rifiuti ha ordinato di portare a Terzigno notevoli quantità di rifiuti “vecchi” e frazione organica non stabilizzata semi-putrescente, si capiscono, anche se non si giustificano, le proteste della popolazione di Terzigno, poi degenerate in gravi atti di violenza su persone e cose, rinfocolate peraltro da una campagna mediatica alimentata da notizie false e da allarmi ingiustificati per la salute collettiva. La presenza di una discarica controllata costruita a norma non presenta alcun rischio per la salute dei cittadini delle aree circostanti, ma può causare, in certe condizioni e in alcune ore del giorno, disagi per il cattivo odore.
IL PUNTO SULLA RACCOLTA DIFFERENZIATA
Il presidente del Consiglio ha indicato come responsabile della crisi l’azienda di Napoli per gli scarsi risultati della raccolta differenziata in città.
Certamente, se la Rd avesse raggiunto in tutta la Regione la misura prevista dalla legge, e cioè il 25 per cento di raccolta differenziata entro dicembre 2009 e il 35 per cento entro dicembre 2010, la crisi sarebbe stata ritardata di qualche mese, ma sarebbe ugualmente scoppiata.
Occorre però anche qui dare qualche dato. La media nazionale della raccolta differenziata è al 30,6 per cento. Le grandi città italiane che superano il 30 per cento di raccolta differenziata (Milano 35,6 per cento, Torino 42 per cento, Bologna 33,3 per cento) hanno aziende municipali operative da decenni con una tradizione ormai consolidata di lavoro, che ha loro consentito di raggiungere obiettivi rilevanti. Tuttavia anche in queste città i progressi nella Rd si misurano in uno o due punti percentuali all’anno. Delle altre grandi città, Roma è al 19,5 per cento, Genova al 21 per cento, ma né il Lazio, né la Liguria hanno sofferto crisi.
In Campania, Salerno (intorno al 60 per cento), Avellino (62,6 per cento), Caserta (47,3 per cento ), hanno raggiunto ottimi risultati, facilitati anche dalla conformazione delle città; la provincia di Napoli è invece al 15 per cento, mentre il capoluogo, prima della crisi, era al 19 per cento circa.
Occorre però dire che Salerno ha 140mila abitanti, Avellino 57mila, Caserta circa 90mila, contro il milione di abitanti di Napoli. Per chiarire poi cosa si intende per “conformazione della città” si dà un solo dato: a Salerno vivono 330 abitanti per km quadrato, a Napoli 8.500. L’area metropolitana di Napoli è il territorio più antropizzato in Europa, in termini di numero di abitanti per unità di superficie. È chiaro quindi che ipotizzare un miglioramento della raccolta differenziata di dieci punti all’anno è molto difficile ovunque, ma in un territorio così intensamente abitato è impensabile.
Quindi, le cause della nuova emergenza non sono addebitabili alla raccolta differenziata, né tanto meno alla presunta cattiva gestione della discarica di Terzigno, ma al mancato completamento del “piano Bertolaso”, una volta terminata l’emergenza, soprattutto per quanto riguarda le discariche previste in provincia di Napoli, indispensabili nella fase intermedia fino alla messa in esercizio dell’inceneritore (tra 30 e 36 mesi dall’assegnazione della gara). Considerato quanto prima indicato sulla concentrazione degli abitanti nella provincia di Napoli, con la conseguente enorme difficoltà di reperire aree per discariche, sarebbe stato logico, prima ancora di chiamare alla solidarietà le altre Regioni, chiedere alle altre province di ospitare i rifiuti di Napoli. La risposta è stata subito violentemente negativa. D’altra parte, nel corso degli ultimi quindici anni, numerosi amministratori locali hanno rimediato a scadenti gestioni galvanizzando i propri elettori al grido “no ai rifiuti di Napoli”, e altri hanno costruito fruttuose campagne elettorali su questo unico programma. Sembra quindi che il personale politico locale, a tutti i livelli, non sia in grado di (o non voglia) governare queste decisioni in regime ordinario, ma preferisca dimostrare al proprio elettorato di “subire” le imposizioni del governo centrale, magari attraverso “comodi” commissariamenti straordinari.
Nelle ore in cui vengono scritte queste note, il presidente del Consiglio, insieme al sottosegretario ai Rifiuti, ha incontrato i sindaci della zona vesuviana, promettendo formalmente che la discarica di Cava Vitiello scomparirà dall’elenco dei siti da realizzare. Non appena i giornali locali e nazionali hanno pubblicato la notizia, sotto titoli del tipo “Terzigno vince”, sono ripartite manifestazioni e atti di violenza a Chiaiano, Giugliano e perfino in Calabria, dove il presidente della Regione aveva autorizzato l’invio di 300 tonnellate al giorno di rifiuti campani.
Non è difficile prevedere che una nuova, più grave emergenza sia alle porte per Napoli e la sua area metropolitana. (1)
di Claudio Cicatiello – Presidente dell’Asia – azienda servizi di igiene ambientale – che si occupa della raccolta di rifiuti a Napoli.
(1) Chi sia interessato ad approfondire il tema, può leggere il testo di Gabriella Corona e Daniele Fortini: “Rifiuti – una questione non risolta”, XL Edizioni.