Ricordando Shireen Abu Akleh, la giornalista morta mentre seguiva un raid israeliano a Jenin.

Luigi De Rosa e Hanin Rjoub

Luigi De Rosa e Hanin Rjoub

Ercolano (NA) “Chiedi all’orizzonte, adorno del fiorire delle stelle: in lui confido, perché tu sappia chi sono. Alla brezza ho affidato il fardello/con cui attraversa il tempo raminga la speranza./Chiunque obbedisce con gli occhi alle leggi d’amore/sa che è norma infrangere il veto imposto dal censore,/evitare la strada percorsa da chi sempre dispensa consigli./Solamente all’amore e alla sua tirannia sottopongo il mio cuore,/e lo sguardo imperioso d’amore riconosco sovrano*” questi sono versi del poeta arabo Ibn Zamrak (1333 – 1393) essi decorano, nella migliore tradizione del connubio fra calligrafia, poesia e architettura della Spagna arabo/islamica, alcune pareti nei giardini dell’Alhambra. Sono i versi con i quali intendo rendere omaggio alla compianta collega Shireen Abu Akleh. Chi, come la mia interlocutrice, Hanin Rjoub, ha avuto modo di viaggiare in tutta Europa per le proprie ricerche universitarie, Olanda, Austria, Svezia, Germania, Penisola iberica, sa che i giardini dell’Alhambra sono in Andalusia, vicino Granada e sono un esempio spettacolare di architettura e giardinaggio, un reale e tangibile omaggio all’inarrivabile Architetto, a seconda della religione professata, possiamo chiamare Dio o Allah,  rimarranno nomi diversi che abbiamo adottato noi uomini: non Lui. Lo sapeva bene Shireen Abu Akleh, giornalista di Al Jazeera, famosissima e amata in tutto il Medio Oriente, una donna cristiana che ha onorato la Verità e il suo Paese, la Palestina, fino alla fine. Ho voluto ricordarla dando voce ad una rappresentante del mondo femminile arabo e soprattutto di quello palestinese, Hanin Rjoub, musicista di Gerico, formatasi presso l’Edward Sa’eed National Conservatory of Music oggi impegnata con l’Università di Napoli Federico II – UNINA. Accantoniamo, in questo contesto, le sue ricerche universitarie, il suo violino, il suo Oud che mi ricorda tanto il nostro mandolino, per ricordare insieme una donna palestinese di grande coraggio e temperamento.

Shireen Abu Akleh (1971 - 2022)

Shireen Abu Akleh (1971 – 2022)

D – Mercoledì 11 maggio abbiamo appreso della morte di Shireen Abu Akleh dai maggiori media internazionali. Il “Post”, per esempio, racconta che Shireen Abu Akleh, stava seguendo per lavoro un’operazione dell’esercito israeliano nel campo profughi di Jenin, nella Cisgiordania settentrionale. Abu Akleh è stata colpita da un proiettile alla testa ed è morta poco dopo in ospedale. Insieme a lei c’era un altro giornalista palestinese di Al Jazeera, Ali al Samoudi, che è stato ferito  alla schiena. Entrambi erano riconoscibili come giornalisti perché indossavano giacche blu con la scritta Press ed elmetti di protezione. Detto questo, le chiedo, chi era Shireen Abu Akleh?

R – È molto difficile per me riuscire a raccontare questo dolore che ha colpito non solo noi palestinesi ma tutto il mondo arabo. Tutti la conoscevano e tutti hanno pianto e piangono la morte di Abu Akleh. Era un personaggio che riconoscevano perfettamente anche i bambini, che spesso sono presi solo dai cartoon, ma di lei sapevano tutto, questo per dire quanto la sua figura fosse a tutti noi mussulmani familiare e amata. La sua fama e la stima di cui godeva, erano guadagnate sul campo.

D – Ha mai avuto occasione di incontrarla o di parlarle?

R – Non personalmente, ma ci siamo incrociate ad un concerto, essendo io anche musicista. Di lei ho un bel ricordo di donna forte e decisa. Lavorava come corrispondente per Al Jazeera dalla Palestina. Io ero bambina e per me era già un volto familiare della nostra TV. Da sempre si è occupata dell’occupazione israeliana e delle rivolte palestinesi, credo di non sbagliare se dico fin dalla seconda intifada iniziata nel 2000. Ricordo che era nata a Gerusalemme, i genitori sono cristiani, viveva tra Gerusalemme e Ramallah ed aveva la cittadinanza americana per via di una parte della famiglia materna originaria del New Jersey.

D – Sempre il “Post” racconta che “Al Samoudi, il giornalista che era con lei, ha raccontato: “stavamo andando a riprendere l’operazione militare israeliana quando improvvisamente siamo stati colpiti senza che ci venisse chiesto di smettere di riprendere. Il primo proiettile ha preso me, il secondo Shireen” e ha aggiunto che “in quella situazione non c’era resistenza militare palestinese”. La CNN ha scritto che la ricostruzione dell’accaduto è ancora incerta, ma che tre testimoni hanno raccontato che i due giornalisti sono stati colpiti dalle truppe israeliane e che non c’erano militanti palestinesi vicino a loro in quel momento. La versione del governo israeliano è che non sia al momento possibile accertare come sono andati i fatti ma che, al contrario dei soldati israeliani, i palestinesi abbiano sparato in modo incontrollato e che quindi sia probabile che i due giornalisti siano stati colpiti da loro. Un altro giornalista presente ha dichiarato alla CNN che era evidente che l’obiettivo fosse Abu Akleh e in generale la squadra di giornalisti arrivata sul luogo. Come vedi da quello che si legge sui media europei, la faccenda risulta ingarbugliata, tu che idea ti sei fatta?

R – Conosco Shireen Abu Akleh come una giornalista seria, impegnata in teatri di guerra da anni, non era una sprovveduta. Era sempre pronta a raccontare con onestà intellettuale quello che accadeva. Credo che anche per questo motivo potesse risultare un personaggio scomodo, e non è da escludere l’ipotesi che potesse essere un obbiettivo. Si raccontano sempre molte bugie, si diffondono spesso fake news durante le guerre. Shireen Abu Akleh era cristiana eppure ha raccontato l’universo mussulmano sempre con rispetto e oculatezza, per questo era amata da tutti. Un proiettile vagante l’ha colpita in testa? Aveva l’elmetto, il giubbotto antiproiettile, la scritta press e un proiettile finisce per colpirle proprio la testa?, è stato un terribile errore?

D – Abbiamo assistito alla scena vergognosa della bara all’uscita dall’ospedale che quasi finisce al suolo. Decine di persone, molte delle quali con bandiere palestinesi, cercavano di accompagnare il feretro a piedi fuori da un ospedale di Gerusalemme vicino alla Città vecchia. La polizia israeliana ha colpito con i manganelli molti presenti, perfino qualche portatore, veramente un’immagine che ha indignato tutti. Shireen Abu Akleh non meritava tutto questo.

R – I palestinesi volevano dare l’ultimo saluto ad una persona che si è battuta per raccontare la loro storia e quello che è successo è sotto gli occhi di tutti. Ci sono i filmati a testimoniare quanto di vergognoso si è consumato all’uscita del feretro. I militari volevano togliere le nostre bandiere.

D – Cosa le resta di lei?

R – Il ricordo di una donna forte, che ha raccontato con sincerità pagando con la vita 25 anni di storia palestinese che spesso è coincisa con soprusi e vessazioni. Il ricordo di una donna cristiana che sapeva parlare anche a noi mussulmani, un’icona potente dell’unione tra i popoli, di rispetto e tolleranza. Un’icona della donna araba ben integrata nel mondo del lavoro e della società contemporanea che svolgeva la sua professione con passione, onestà e coraggio. Si è battuta per la verità e ora è certamente tra i giusti.
Grazie ad Hanin Rjoub per la piacevole conversazione, con la speranza che sia resa giustizia a Shireen Abu Akleh prendo commiato da voi lettori con un’altra poesia “Prnsa agli altri” di Mahmud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, che ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione e dell’esilio.

di Luigi De Rosa

PENSA AGLI ALTRI
– Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.**

*(traduzione dall’arabo di Leonardo Capezzone; da “Poesia dell’Islam”,Sellerio, 2004)
**(“Pensa agli altri” tradotta dall’arabo da R.Ciucani per Feltrinelli)

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