“Giornalisti robot” il mondo dell’informazione è a una svolta epocale
Leggiamo questo brano: “L’economia degli Stati Uniti è cresciuta di un solido 3,5 per cento nel trimestre tra luglio e settembre. E’ sostenuta da una propensione al consumo delle famiglie più bassa, ma ancora forte, e da investimenti delle imprese più consistenti delle previsioni”. Cosa ne pensate? Ben scritto, chiaro, sembra avere lo stile di un professionista delle pagine economiche di un quotidiano come Il Sole 24 Ore o Milano Finanza, e invece è stato scritto da Wordsmith, questo il nome dato all’algoritmo che la start-up statunitense Automated Insights ha creato per l’agenzia d’informazione The Associated Press nel 2014. A scrivere questo lancio e migliaia di altri ogni anno, fin dal 2015, è dunque quello che si chiemeremmo un robot. L’Intelligenza Artificiale – che sembrava una tecnologia ad appannaggio degli editori più ricchi degli Stati Uniti ha inoltre rotto ogni argine e barriera linguistica facendosi largo in Cina, in Francia, in Spagna, in Svezia, in parte anche in Italia. I robot stanno rivoluzionando i modelli produttivi delle redazioni. I cronisti umani che scrivono articoli sui conti trimestrali delle aziende, sui risultati elettorali di piccoli Comuni, sulla vigilia delle partite rischiano di diventare inutili. Gli algoritmi sono in grado di svolgere questo tipo di lavoro in tempi più veloci e in quantità maggiori, senza sfigurare in qualità. Invece i cronisti umani che realizzano inchieste, investigazioni e prodotti multimediali avanzati sono ancora indispensabili. E trovano proprio in questi algoritmi gli alleati più preziosi per il loro giornalismo di approfondimento.
Il saggio “GIORNALISTI ROBOT: L’Intelligenza Artificiale in redazione. Prove tecniche di news revolution” che firma Aldo Fontana (Ulisse Aspetta Penelope, euro 14,90 pp.316) ci introduce a questo nuovo modo di produrre informazione. Un viaggio, quello del giornalista di Repubblica e autore del blog Antenne, attraverso le potenzialità e le sfide del giornalismo al tempo della trasformazione digitale. Fontanarosa parte dall’analisi dell’algoritmo capace di produrre 80 mila articoli al mese per arrivare ai software capaci di individuare il grado di sessismo che affligge un pezzo. Dal programma che setaccia Twitter per scoprire breaking news fino alla copertura giornalistica portata avanti facendo a meno dell’intervento umano. Questi temi mettono il lettore di fronte a un’evidenza: i robot sono in grado di fare i cronisti con più velocità della loro controparte umana senza per questo perdere in qualità. E i giornalisti in carne e ossa possono trovare nei robot gli alleati più preziosi per liberare tempo, da dedicare a storie d’avanguardia.
Più che instillare nel lettore la preoccupazione per il domani, l’intento è quello di mettere il giornalismo davanti alle sfide dell’oggi: che i computer non sono strumenti capaci di eseguire milioni di calcoli al secondo, ma macchine che apprendono. Capaci cioè padroneggiare il linguaggio naturale, producendo articoli indistinguibili da quelli scritti da mani umane. E quando algoritmi e creator uniscono le forze in nome della verità può nascere un giornalismo migliore, capace di combattere (e vincere) la lotta contro gli agenti della disinformazione e delle fake news.