La scala celeste di Giacobbe celebrata dal pianismo di Brad Mehldau
Brad Mehldau è un pianista e compositore americano che dell’abbattimento delle barriere tra generi e stili musicali ha fatto la sua missione. conosciuto soprattutto come leader del Brad Mehldau Trio, con il bassista Larry Grenadier e i batteristi Jorge Rossy e Jeff Ballard, a volte è confrontato con Bill Evans altre a Keith Jarrett, ma lui non ama i paragoni e odia le etichette ad uso e consumo soprattutto dello showbiz, indubbio però è il suo talento, salito alla ribalta giovanissimo negli anni novanta, è pianista di formazione classica, che si è presto convertito al jazz nelle sue esibizioni si concede continue divagazioni, affiancando le improvvisazioni, i brani originali e gli standard jazz alle riletture delle hit più famose del repertorio pop e rock, dai Radiohead ai Beatles fino ai Nirvana. Il suo ultimo album intitolato, Jacob’s Ladder, è ispirato alla storia biblica (Genesi 28,12) del sogno della scala di Giacobbe, che poggiava sulla terra, ma la cui cima raggiungeva il cielo. Brad Mehldau prova a tradurre in una musica senza confini le tematiche esistenziali e spirituali che gli stanno più a cuore: “Nasciamo vicini a Dio e, maturando, ce ne allontaniamo sempre di più a causa del nostro ego. “Jacob’s Ladder”, a questo proposito, ha un inizio folgorante con uno struggente canto di fanciullo, ciò che in musica è più vicino a Dio?, per poi passare al mondo dell’azione. Dio è sempre lì fin dall’inizio, ma durante il nostro cammino, nelle nostre scoperte e conquiste, con tutte le gioie e i dolori che ne conseguono, c’è anche la concreta possibilità di perderlo di vista. Egli però ci pone davanti una scala, come nel sogno di Giacobbe, e noi saliamo verso di lui, per provare la riconciliazione con noi stessi, per ricucire tutte le ferite del mondo e finalmente guarire”. Nel disco, come da molti addetti ai lavori osservato, musicalmente parlando, è declinato quel progressive rock fiorito a cavallo degli anni ’70, grazie a band come Genesis e Pink Floyd, che il pianista di Jacksonville “attualizza” con passaggi al sequencer, pattern ritmici incalzanti e il tocco magico della sua tastiera. Ancora un’ottima prova di un pianista che non delude mai.
a cura di Luigi De Rosa
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