Long Covid, l’ISS vara un progetto di centri clinici che condividano le strategie per affrontare questa malattia.
Nel gennaio del 2021 il giornalista Vincenzo Califano dava alle stampe il testo “Faccia a Faccia col covid” (Mezzogiorno e Dintorni Edizione, 2020) che era disanima e cronaca giornalistica attenta e interessante di quanto vissuto in prima persona nel suo “faccia a faccia” con l’infezione da Sars.Cov-2. Partendo dal suo reportage ho cominciato a chiedermi quello che accade dopo la “guarigione”, in sostanza ho cercato notizie sul cosiddetto “long covid”. Dall’analisi dei dati forniti dall’ISS emerge che a essere più colpiti dal Long Covid sono le donne, gli anziani, le persone sovrappeso e appunto chi è stato ricoverato. E più sono le patologie preesistenti di chi è finito in ospedale, più gravi sono le conseguenze. I sintomi più diffusi del Long Covid, sempre secondo l’Istituto, sono l’astenia, vale a dire la debolezza, ma anche l’anoressia, la febbre che ritorna, dolori di vario tipo e la stanchezza, anche mentale con difficoltà di concentrazione e problemi di memoria. I ricercatori, interrogati dal ministero alla Salute, affermano che a oggi è stata riscontrata un’ampia gamma di danni a lungo termine su organi del sistema respiratorio, cardiovascolare, nervoso, gastrointestinale, ematologico, endocrino, dell’apparato otorinolaringoiatrico, sulla cute e sui reni. Proprio questa grande varietà di sintomi, provocati dal Long Covid, ha fatto emergere la necessità della nascita di servizi di cura dedicati dove devono essere messe insieme diverse competenze specialistiche. È infatti di questi giorni la notizia che l’Istituto ha ricevuto un finanziamento dal ministero alla Salute per mettere in piedi una rete di centri clinici che condividano le strategie per affrontare questa malattia. Con l’aiuto degli enti di tre regioni, Friuli Venezia Giulia, Toscana e Puglia, intanto si sta ricostruendo la portata del fenomeno, analizzando dati degli ospedali e dei medici di famiglia. In tutte le Regioni ci sono ospedali dove soprattutto le cardiologie, le pneumologie e le neurologie sono impegnate a visitare persone che hanno strascichi importanti dell’infezione. Il “core” del progetto è di riunire tutte le conoscenze specialistiche acquisite per creare un protocollo di cura ed essere così in grado di dare risposte omogenee ai pazienti, con protocolli sia per la diagnosi che per le cure, farmacologiche e non. Per prevedere l’impatto sui servizi sanitari del Long Covid bisogna intanto capire quanto sia diffuso, secondo l’Oms i casi di Long Covid riguardano un contagiato su quattro con sintomi che si ripresentano a distanza di quattro-cinque settimane dalla guarigione. Riguardo a chi ha avuto la malattia in forma più grave, l’Università di Milano e l’Istituto Mario Negri hanno studiato i dati dei pazienti assistiti in Lombardia osservando che circa un terzo dei ricoverati, cioè di coloro che hanno avuto una forma più grave di malattia, ha sintomi dopo un anno. Qualunque sia il numero corretto è chiaro che centinaia di migliaia sono gli italiani che avranno bisogno da qui in avanti di almeno una visita, se non anche di più. Rispetto all’esperienza narrataci da Califano nel suo testo molti passi in avanti sono stati fatti sulla conoscenza dell’infezione e se, incrociando le dita, è vero che siamo nella stagione dei casi meno gravi con varianti meno aggressive, oggi è importante lavorare per garantire assistenza celere e competente ai pazienti “affetti” da Long covid, dovrà essere la Regione Campania, nel nostro caso specifico, a non farsi trovare impreparata.
di Luigi De Rosa