Datterari, condanna a sei anni e due mesi al capo della banda
NAPOLI – Il Gup Rosaria Maria Aufiero ha condannato il componente di spicco del sodalizio criminale di Castellammare di Stabia che aveva deturpato anche i faraglioni di Capri per estrarre il mollusco proibito. Sei anni, due mesi e 20 giorni di reclusione per il capo dei datterari di Castellammare di Stabia, Catello Avella, uno degli imputati coinvolto nel procedimento a carico dei datterari che hanno devastato ampi tratti di fondale marino. È la sentenza, storica, emessa dal giudice Aufieri nei confronti dei primi datterari che avevano richiesto il rito abbreviato nel procedimento in corso a Napoli. Il rito prevede una riduzione di pena di un terzo. L’ imputato è stato condannato per i reati di inquinamento, disastro ambientale e danneggiamento. Ritenuto dalla Procura un soggetto legato alla criminalità organizzata di Castellammare di Stabia, era lui ad immergersi, distruggere la roccia e devastare i fondali, secondo le accuse formulate dal Pubblico Ministero, Giulio Vanacore. Fu colto in flagrante mentre riemergeva dall’acqua con 25 chili di datteri. Durante le intercettazioni telefoniche è emerso che i luoghi in cui operava erano Punta Scutolo, nel comune di Vico Equense, Punta Campanella e Capri. Pene minori per altri due imputati che collaboravano alle attività illecite.
Soddisfazione da parte delle numerose parti civili, tra cui il Ministero della Transizione Ecologica, Legambiente, WWF, Marevivo e l’Area Marina Protetta di Punta Campanella.
” È una sentenza molto importante perché, grazie all’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale, finalmente, reati di questo genere vedono applicate pene proporzionate alla gravità degli illeciti commessi – sottolinea l’avvocato Valentina Romoli, difensore dell’Amp Punta Campanella, parte civile del processo – Tutti gli imputati, infatti, erano già recidivi per lo stesso tipo di reato ma, fino a qualche anno fa, ne rispondevano solo a titolo di contravvenzione. Oggi non è più così, fortunatamente. Questo vale anche per la confisca, che in passato non era possibile mentre oggi lo è proprio perché si parla di delitti e non più di semplici contravvenzioni.” Confiscati, infatti, anche i mezzi, un’auto e un gommone, che servivano per compiere le attività illecite, oltre a somme di denaro.
La sentenza odierna infligge un primo colpo letale al sodalizio criminale di Castellamamare di Stabia. Ora si attendono le decisioni che riguardano il rito ordinario del procedimento che vede imputati altri datterari, tra Napoli e Castellammare di Stabia.
In 19 furono destinatari di misure cautelari, alcune in carcere, lo scorso marzo in seguito a una complessa ed efficace attività di indagine condotta dalla Guardia di Finanza e coordinata dalla Procura di Napoli. Nel mirino degli investigatori anche i rivenditori, pescherie e ristoranti della zona vesuviana. Anche per loro, a breve, scatterà un procedimento penale. Cosi come, da qualche mese, è già partito anche un secondo procedimento, questa volta presso il Tribunale di Torre Annunziata a seguito delle indagini condotte dalla Capitaneria di Porto e coordinate dalla Procura oplontina. Alla sbarra sempre gli stessi sodalizi criminali che hanno devastato i fondali della penisola sorrentina e di Capri e molti altri soggetti funzionali al commercio illegale del dattero di mare in diverse regione d’Italia.
“Può essere un momento decisivo, spartiacque, nulla sarà più come prima rispetto a questo annoso problema che ha creato danni enormi in penisola sorrentina – sottolinea Raffaele Di Palma, responsabile comunicazione Amp – D’ora in avanti tutti avranno la consapevolezza di quanto sia grave distruggere la roccia per prelevare i datteri. Forse non sempre in passato si è avuta questa consapevolezza, sia da parte dei datterari che soprattutto dei consumatori. I processi, sia questo di Napoli che quello di Torre Annunziata, proseguiranno e tra gli imputati ci sono anche titolari di pescherie e ristoranti coinvolti in questo mercato nero e illegale che tanti danni ha causato all’ambiente”.