Al Covid-19 piace il grasso, gli studi israeliani su trigliceridi e coronavirus
di Luigi De Rosa
Gerusalemme – Al covid- 19 “piace” il grasso, vi spiego meglio. Partiamo dall’inizio, l’unico obiettivo di un virus è sopravvivere, e impedirgli di sopravvivere è compito molto complesso. Nessun farmaco in realtà si è dimostrato in grado di uccidere il covid-19, vedremo con la campagna vaccinale in atto cosa accadrà . Pensate che da vent’anni si lavora ancora sull’Hiv, colpevole dell’Aids, un enorme lavoro che non ha portato ad alcun vaccino, ma per fortuna i farmaci realizzati per combatterlo si sono dimostrati molto attivi. I ricercatori oggi sono molto attivi sul contagio sa Sars-Co V 2, e stanno emergendo nuove idee, una di queste porta ai trigliceridi, a rivelarlo è il professor Cesare Sirtori , Preside della Facoltà di Farmacia dell’Università di Milano. Il coronavirus presenta una parte centrale, RNA, molto nota e un “cappotto”, che si chiama “capside”, che è di materiale grasso: i “trigliceridi”, che da un lato lo difende dall’altra gli permette di interagire con la membrana delle cellule umane permettendogli di entrare nel nostro corpo. I trigliceridi sono “grassi” tipo l’olio d’oliva, il burro e grasso animale.
I componenti dei trigliceridi chiamati acidi grassi possono essere saturi, monoinsaturi o polinsaturi. Se si tratta di acidi grassi la molecola è rigida, le altre sono via via più morbide. Per esempio, il burro è rigido in frigo, gli omega-3 dei pesci molli a tutte le temperature, per questo i pesci nuotano anche a basse temperature. I trigliceridi del capside del virus sono di acidi saturi, palmitico e miristico. Si tratta di una copertura solida, che permette al virus una buona sopravvivenza a varie temperature anche sulle superfici esterne. Ma è anche il suo punto debole perché quando il virus si moltiplica oltre all’RNA deve moltiplicare i trigliceridi del capside. Due professori dell’Università di Gerusalemme, Nahmias e ed Ehrlich hanno scoperto che il covid-19 per sopravvivere, non essendo in grado di farlo da solo, deve avvalersi di un organo del nostro corpo ma al contrario di quanto avremmo potuto supporre non è al fegato che mira, come molti altri virus, ma ai polmoni. Quando vi arriva per contagio aereo, mette in atto una serie di stimoli genici, che obbligano i polmoni a produrre trigliceridi per il suo capside e blocca anche la capacità dei nostri polmoni di demolire i neo trigliceridi. Tutta questa produzione di grasso in eccesso avvia nei polmoni un grave processo infiammatorio con l’evoluzione che ben conosciamo. Non si tratta però di una novità assoluta, molti bambini ogni anno vanno incontro alla cosiddetta polmonite “lipoidea”, che però viene facilmente curata.
Diverso il caso del covid che stimola il polmone di continuo e il grasso prodotto non viene eliminato. L’infiammazione successiva porta come abbiamo visto in questi mesi alla morte. Che fare? Esistono farmaci che da un lato riducono la sintesi di trigliceridi polmonari dall’altro possono aumentarne la demolizione? Gli israeliani hanno individuato il farmaco giusto: il fenofibrato, farmaco comune per la cura delle ipertrigliceridemie. Gli israeliani, Nahmias e ed Ehrlich, hanno dimostrato che le cellule del polmone umano , esposte al virus, accumulano trigliceridi. Se si aggiunge fenofibrato questi grassi si riducono fino a scomparire. In alcuni pazienti della RSA del Pio Albergo Trivulzio anche in Italia si è notato che quelli, che per ragioni varie assumevano fenofibrato, anche contagiati, sono sopravvissuti o risultati immuni. Quel’è dunque il problema che frena questa nuova via alla “guerra” contro il covid? I soldi, spiace essere così brutale, pensate che trenta compresse del brand costano 10,41 euro, del generico poco più di 7 euro, quindi il costo di dieci giorni di trattamento può superare di poco i 3 euro, sottolineo: 3 euro. I potenziali sponsor sono poco interessati!
In Israele, fortunatamente non tutti sono cinici e legati al dio denaro, mi spiace sottolinearlo, e sono in atto due studi così come a Milano e Bologna, incrociamo le dita e speriamo bene; una cosa però gli scienziati israeliani la confermano: nessuno di coloro che è stato curato con il fenofibrato è deceduto.