Crisi di Governo, il Presidente Sergio Mattarella incarica Mario Draghi
di Michelina Manzo
E’ Mario Draghi l’uomo cui Sergio Mattarella si appiglia per scongiurare le elezioni anticipate che, tra pandemia e semestre bianco, rischiano di mandare all’aria il Paese, di metterlo in ginocchio per la crisi socio-economica più devastante dal dopoguerra ad oggi, per l’aggressività del coronavirus e le difficoltà a realizzare un piano di vaccinazioni esauriente e sopratutto tempestivo. Se fallisse Draghi si andrà comunque alle urne con l’ex Presidente della BCE alla guida del governo quando sarà possibile, probabilmente nel 2022 dopo l’elezione del nuovo capo dello stato ruolo per il quale Draghi resta il candidato favorito. Chiamarlo in causa oggi gettandolo nell’arena di una politica malsana e inadeguata ne mette a rischio anche il futuro personale per cui è evidente che Draghi si muoverà con molta circospezione sciogliendo la riserva soltanto se potrà contare su una maggioranza parlamentare trasversale in grado di sostenerne l’azione di governo.
Come Conte e come Monti anche Draghi è un non eletto dal popolo, a conferma che i migliori stanno fuori dall’agone elettorale che sempre più spesso promuove al rango di parlamentari e governanti personaggi assolutamente indegni di ricoprire cariche così importanti quanto delicate. Lo stesso Matteo Renzi è stato nominato presidente del Consiglio senza essere un parlamentare, essendosi presentato alle elezioni politiche nel 2018 dopo il fallimento del suo “golpe istituzionale referendario”, più che mai bisognoso di un’immunità che, come abbiamo finora constatato, lo sta mettendo al riparo da diverse inchieste giudiziarie che riguardano lui e il suo entourage. Si presume che anche la cantilena del “premier non eletto” a questo punto cesserà e i partiti saranno chiamati a riscrivere tutti le proprie agende politico-elettorali dovendo da un lato garantire, in gran parte, sostegno al governo tecnico del Presidente, dall’altro organizzarsi per il momento in cui si tornerà alle urne quando oltre al tema delle alleanze sarà venuto meno anche l’avversario naturale, il concorrente da attaccare per conquistarsi quella fetta di consenso frutto di demagogie populistiche a buon peso!
Dovranno cioè impegnarsi a fare politica, a riscrivere agende programmatiche in gran parte vincolate alle scelte, immutabili, che saranno assunte dal Governo-Draghi. Più delegittimazione di così non c’è e di questo ne dovranno tener conto tutti quanti oggi nel momento in cui saranno chiamati a esprimersi sul sostegno o meno a Draghi. Per il Movimento 5 Stelle si avvicina il momento della verità: privati di poltrone e ruoli istituzionali (ministeri, sottosegretariati, etc…) dovranno decidere cosa fare da grandi: scindersi tra la componente più destrorsa e quella più sinistrorsa, o ritrovarsi in un progetto unitario e su di esso riallacciare i rapporti con alcune fasce di elettorato. Per loro si tratta del compito più difficile perchè passare in quattro e quattrotto da un ruolo di governo a quello di partito-movimento alla ricerca di una nuova identità e dimensione è un esercizio assai complesso e dagli esiti molto incerti.
Per i cosiddetti “duri e puri” dell’ala “Di Battista” si tratterà di ritornare a un passato che non c’è più e dove è residuale la credibilità originaria del Movimento anti-sistema, anti-casta con annessi e connessi! Sono cambiati i tempi e pure gli uomini, un’area così è destinata ad avere un proprio spazio ma all’opposizione! Per l’area governativa dei 5 Stelle, interpretata da Luigi Di Maio, la sfida è ancora più impegnativa dopo aver indossato i panni dei governanti! Il ritorno alle origini del Movimento per loro è un esercizio molto complicato innanzitutto sul piano intellettuale ed emotivo oltre che di impegno politico! Se scissione dovrà esserci questa componente governativa potrebbe confluire nel PD per consolidare una forza di sinistra e prepararla alla grande sfida per il governo che verrà…dopo Draghi! Potrebbe pure rivolgersi alla destra però quest’ala del Movimento, come in parte sta avvenendo, in ogni caso si tratterà di un riposizionamento strategico in chiave elettorale.
Per Italia Viva di Matteo Renzi il destino appare segnato: scomparirà nel nulla senza passare attraverso una conta elettorale perchè è probabile che Renzi approdi a un centro-destra bisognoso di un leader forte e che, nella quaresima del potere, potrebbe amalgamarsi con Salvini, Meloni e quel che resta di Forza Italia! Infine Giuseppe Conte, l’ormai ex presidente del consiglio, fuori dal parlamento e quindi non più protagonista di vicende e vicissitudini parlamentari. Anche per lui il destino appare in parte segnato!
Se Draghi durerà fino al 2023 (com’è probabile), naturale scadenza della legislatura, e Conte non avrà avuto un ruolo significativo sullo scacchiere politico nazionale, per lui la partita è chiusa. Se oggi PD e 5 Stelle potevano contare sulla sua indiscussa popolarità e sfidare Salvini-Meloni con oggettive chance di successo, fra due anni un nuovo leader dovrà emergere nel centro-sinistra, impresa tutt’altro che semplice con i tempi che corrono e soprattutto col materiale umano che circola!