Epatite C, il nemico invisibile. Fate i test, curarsi è facile
di Luigi De Rosa
Nell’ambito della profilassi sanitaria un grosso problema, che sta acuendo la diffusione della pandemia da covid-19 e il conseguente overload degli ospedali è quello legato alla quasi impossibilità, in molti casi, di occuparsi adeguatamente della cura e del rilevamento nella popolazione di altre infezioni pericolose come quella da Epatite C. In Italia sono quasi 300mila le persone che soffrono di Epatite C, il virus si trasmette per via ematica, cioè tramite il contatto diretto con sangue infetto attraverso una lesione della cute, ed è una delle principali cause di mortalità correlate al fegato, che può non manifestarsi per lungo tempo ma progredire con conseguenze gravissime. Molto spesso le persone non sanno di ospitare questo virus (HCV), l’infezione possono averla contratta perché sottoposti a trasfusione, a un intervento chirurgico, a un trapianto subito in passato, o perché hanno vissuto altre situazioni a rischio come l’uso di droghe per via endovenosa, piercing o tatuaggi eseguiti in condizioni non adeguate. Diagnosticare questa malattia è fondamentale, sottoporsi al test da parte di chi pensa di essere incorso in situazioni a rischio fondamentale perché la cura per questo tipo di infezione c’è. L’OMS, prima del coronavirus si era prefissata l’obiettivo di eradicare l’epatite C entro il 2030, meta che certamente slitterà se non si porrà nuovamente la giusta attenzione anche su questo virus. Per tale motivo è in atto una campagna di sensibilizzazione denominata “C come curabile” promossa da Gilead Sciences con il patrocinio di associazioni di pazienti e società scientifiche attraverso un sito www.ccomecurabile.it che mira a far conoscere quest’altra infezione alla maggior parte della popolazione. L’Epatite C è una patologia del fegato causata dall’infezione del virus HCV, che attacca le cellule epatiche inducendo uno stato infiammatorio. Le cellule danneggiate dal virus muoiono e vengono sostituite con tessuto cicatriziale, in un processo patologico chiamato fibrosi epatica. Col passare del tempo l’infezione compromette la maggior parte del tessuto causando cirrosi epatica, stato in cui l’organo non è più in grado di svolgere le proprie funzioni. L’epatite C ha due fasi: l’infezione acuta e l’infezione cronica. La fase acuta si verifica immediatamente dopo il contagio, quando le difese dell’organismo si attivano in risposta all’agente patogeno iniziando a produrre anticorpi nel tentativo di debellare l’infezione. Può durare anche diversi mesi, ma nella maggior parte dei casi si tratta di una fase asintomatica della malattia, quindi è molto difficile da diagnosticare: solo nel 10% dei pazienti si possono presentare sintomi quali ittero, febbre, vomito e nausea, diarrea, dolore generalizzato e affaticamento. Nel 60% dei casi il sistema immunitario non riesce ad avere la meglio sul virus, che si annida stabilmente all’interno delle cellule epatiche. È la fase cronica dell’infezione da HCV, che può rimanere asintomatica anche per decine di anni. Dopo 20 anni di infezione, però, oltre il 20% dei pazienti sviluppa cirrosi epatica e fino al 5% tumori. L’epatite C, al contrario del ovid-19, è una malattia curabile: le moderne terapie prevedono l’utilizzo di farmaci che agiscono direttamente sul virus, anziché stimolare il sistema immunitario per combattere l’infezione e permettono l’eliminazione del virus nella quasi totalità dei casi (oltre il 95%).