Tutto quello che c’è da sapere sulla Pasqua
E’ la festa più importante per i cristiani e significa etimologicamente “passaggio“. La data è mobile perché dipende dal plenilunio di primavera mentre l’origine è legata al mondo ebraico, in particolare alla festa di Pesach, durante la quale si celebrava il passaggio di Israele, attraverso il mar Rosso, dalla schiavitù d’Egitto alla libertà
La Pasqua è il culmine del Triduo pasquale, centro e cuore di tutto l’anno liturgico. È la festa più solenne della religione cristiana che prosegue con l’Ottava di Pasqua e con il tempo liturgico di Pasqua che dura 50 giorni, inglobando la festività dell’Ascensione, fino alla solennità della Pentecoste.
Cosa significa la parola “Pasqua”?
Deriva dal greco: pascha, a sua volta dall’aramaico pasah e significa propriamente “passare oltre”, quindi “passaggio”. Gli Ebrei ricordavano il passaggio attraverso il mar Rosso dalla schiavitù d’Egitto alla liberazione. Per i cristiani è la festa del passaggio dalla morte alla vita di Gesù Cristo.
Presso gli ebrei la Pasqua (Pesach) era in origine legata all’attività agricola ed era la festa della raccolta dei primissimi frutti della campagna, a cominciare dal frumento. Altre feste, solo per ricordarle, erano la Festa delle Settimane, che celebrava la raccolta del grano ai primi di giugno, e la Festa dei Tabernacoli, cioè della vendemmia, a settembre.
In seguito, la Pasqua diventa la celebrazione annuale della liberazione degli ebrei dalla schiavitù, significato che si aggiunse all’altro, come ricordo della fuga dall’Egitto e del fatto che con il sangue degli agnelli si fossero dipinti gli stipiti delle porte affinché l’angelo sterminatore, come dice la Bibbia, passando da quelle case, risparmiasse i primogeniti.
Ancora oggi, la cena pasquale presso gli Ebrei si svolge secondo un preciso ordine detto Seder. Ci si nutre di cibi amari per ricordare l’amarezza della schiavitù egiziana e la stupore della libertà ritrovata.
Per celebrare la Pasqua gli israeliti al tempo di Gesù ogni anno si recavano a Gerusalemme. Anch’egli vi si recava. La sua morte avvenne, infatti, in occasione della pasqua ebraica. Egli per i cristiani è l’agnello pasquale che risparmia dalla morte, il pane nuovo che rende nuovi (cfr 1Cor 5,7-8)
Perché si mangia l’agnello?
La tradizione di consumare l’agnello per Pasqua deriva dalla Pesach, la Pasqua ebraica. Infatti l’agnello fa parte dell’origine di questa festività. In particolare si fa riferimento a quando Dio annunciò al popolo di Israele che lui lo avrebbe liberato dalla schiavitù in Egitto dicendo “In questa notte io passerò attraverso l’Egitto e colpirò a morte ogni primogenito egiziano, sia fra le genti che tra il bestiame”. Ordinando, così, al popolo d’Israele di marcare le loro porte con del sangue d’agnello in modo che lui fosse in grado riconoscere chi colpire col suo castigo e chi no. Inoltre in passato esisteva un comandamento riguardo la Pasqua ebraica che diceva di fare l’offerta dell’agnello il giorno 14 del mese ebraico di Nisan e di consumare quella stessa notte il sacrificio di Pesach.
Con il Cristianeismo, il simbolo dell’agnello immolato per la salvezza di tutti diventa Cristo stesso e il suo sacrificio ha valore di redenzione.
Perché la data della Pasqua è mobile?
Perché è legata al plenilunio di primavera. La datazione della Pasqua, nel mondo cristiano fu motivo di gravi controversie fra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, la prima era composta da ebrei convertiti e la celebrava subito dopo la Pasqua ebraica e cioè nella sera della luna piena, il 14 Nisan, primo mese dell’anno ebraico; quindi sempre in giorni diversi della settimana. Solo con il Concilio di Nicea del 325, si ottenne che fosse celebrata nello stesso giorno in tutta la cristianità e cioè adottando il rito Occidentale, fissandola nella domenica che seguiva il plenilunio di primavera. Oggi la celebrazione cade tra il 22 marzo e il 25 aprile denominandola così Pasqua bassa o alta, secondo il periodo in cui capita.
Essendo una festa mobile, determina la data di altre celebrazioni ad essa collegate, come la Quaresima, la Settimana Santa, l’Ascensione, la Pentecoste. La Chiesa contempla per i cattolici l’obbligo del Precetto Pasquale, cioè confessarsi e ricevere l’Eucaristia almeno una volta nel periodo pasquale.
Dopo la morte in Croce, la sepoltura di Gesù fu una operazione provvisoria, in quando essendo ormai un’ora serale e si approssimava con il tramonto il Sabato ebraico, in cui è noto era proibita qualsiasi attività, il corpo di Gesù fu avvolto in un lenzuolo candido e deposto nel sepolcro nuovo scavato nella roccia, appartenente a Giuseppe d’Arimatea, membro del Sinedrio, ma ormai seguace di Gesù. Le operazioni necessarie per questo tipo di sepoltura, che non era l’inumazione nel terreno, e cioè il cospargere il corpo con profumi ed unguenti conservativi e l’avvolgimento dello stesso corpo con fasce o bende (ne abbiamo l’esempio nel racconto di Lazzaro risuscitato dallo stesso Gesù); queste operazioni, dicevamo, furono rimandate a dopo il Sabato dalle pie donne, le quali dopo aver preparato gli aromi e visto dove era stato deposto il corpo di Gesù, alla fine si allontanarono.
Dopo la Parasceve (vigilia del Sabato) quindi appena dopo sepolto Gesù, i sacerdoti ed i Farisei si recarono da Pilato dicendogli che si erano ricordati «che quell’impostore quando era ancora in vita, disse: Dopo tre giorni risorgerò. Ordina dunque che sia vigilato il sepolcro fino al terzo giorno, perché non vengano i discepoli, lo rubino e poi dicano al popolo: È risorto dai morti. Così quest’ultima impostura sarebbe peggiore della prima!». E Pilato, secondo il solo Vangelo di Matteo, autorizzò il sigillo del sepolcro e dispose alcune guardie per controllarlo.
Trascorso il Sabato, in cui tutti osservarono il riposo, Maria di Magdala, Maria di Cleofa e Salome, completarono la preparazione dei profumi e si recarono al sepolcro di buon’ora per completare le unzioni del corpo e la fasciatura; lungo la strada dicevano tra loro, chi poteva aiutarle a spostare la pesante pietra circolare, che chiudeva la bassa apertura del sepolcro, che era composto da due ambienti scavati nella roccia, consistenti in un piccolo atrio e nella cella sepolcrale; quest’ultima contenente una specie di rialzo in pietra, su cui veniva deposto il cadavere. Quando arrivarono, secondo i Vangeli, vi fu un terremoto, un angelo sfolgorante scese dal cielo, si accostò al sepolcro fece rotolare la pietra e si pose a sedere su di essa; le guardie prese da grande spavento caddero svenute. Ma l’Angelo si rivolse alle donne sgomente, dicendo loro: «Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in Galilea; là lo vedrete». Proseguendo con il racconto del Vangelo di Matteo, le donne si allontanarono di corsa per dare l’annunzio ai discepoli.
Va ricordato che la Risurrezione di Gesù viene annunciata da alcune donne, che secondo l’antico Diritto ebraico, erano inabilitate a testimoniare, quindi con questo evento che le vede messaggere e testimoni, viene anche ad inserirsi un evento storico nella socialità ebraica. Quando le donne raggiunsero gli apostoli e riferirono l’accaduto, essi corsero verso il sepolcro, ma Pietro e Giovanni corsero avanti, al sepolcro arrivò per primo Giovanni più giovane e veloce, ma sulla soglia si fermò dopo aver visto il lenzuolo (Sindone) a terra, Pietro sopraggiunto, entrò per primo e constatò che il lenzuolo era per terra, mentre il sudario, usato per poggiarlo sul capo dei defunti, era ripiegato in un angolo, poi entrò anche Giovanni e ambedue capirono e credettero a quanto lo stesso Gesù, aveva detto in precedenza riguardo la sua Risurrezione.
Per Sant’Agostino quella pasquale è “la madre di tutte le veglie sante, durante la quale il mondo intero è rimasto sveglio”. Nel corso di questa notte, la Chiesa celebra la Resurrezione di Cristo, battezzando nuovi cristiani e domandando a coloro che già lo sono, di rinnovare tutti insieme gli impegni del loro Battesimo.
La Veglia pasquale è una celebrazione complessa ed unitaria, che si svolge in quattro momenti successivi:
1) Liturgia della Luce che inizia con la benedizione del fuoco, la preparazione e accensione del cero quale “luce di Cristo”, e la processione con cui è introdotto nella chiesa buia, che è quindi illuminata dai ceri dei fedeli accesi al cero pasquale. Segue il solenne annunzio pasquale, detto anche dalla parola iniziale latina Exultet; 2) Liturgia della Parola con nove letture, sette tratte dall’Antico testamento e le ultime due dal Nuovo; 3) Liturgia Battesimale; 4) Liturgia Eucaristica. Il rito si svolge nella notte, simbolo dell’umanità che senza Cristo è immersa nelle tenebre dell’ignoranza e dell’errore, del peccato e della morte.
Urbi et Orbi è un’espressione latina che significa “Alla città (di Roma) e al mondo”. La benedizione Urbi et Orbi è la prima benedizione fatta da un Papa subito dopo l’elezione al soglio pontificio dalla Loggia centrale della Basilica vaticana. Viene inoltre diffusa dal Pontefice nei giorni di Natale e Pasqua alla folla riunita in piazza San Pietro e in occasioni particolari. La benedizione, solitamente accompagnata da un messaggio, comporta l’assoluzione di tutti i peccati temporali per tutti i presenti in Piazza San Pietro e per coloro che la ricevono per tramite dei vari mezzi di comunicazione.
Perché si mangiano le uova?
La tradizione di decorare uova risale già ai primi cristiani che pitturavano le uova di rosso, per ricordare il sangue di Cristo, e le decoravano con croci o altri simboli (una tradizione che dura ancora oggi nei paesi ortodossi e cristiano-orientali). La simbologia dell’uovo è evidente: dall’uovo nasce la vita che a sua volta veniva associata con la rinascita del Cristo e quindi con la Pasqua. In realtà, le uova decorate secondo questa simbologia sarebbero andate bene anche per il Natale, in occasione della nascita di Cristo, ma secondo alcuni studi la tradizione delle uova pasquali venne rafforzata da un’usanza tipicamente pasquale: la Quaresima, il periodo di quaranta giorni prima della Pasqua nel quale i credenti sono tenuti al digiuno e all’astinenza. In questo periodo è vietato mangiare carne.
In passato, e tuttora nelle chiese cristiane orientali, era vietato mangiare anche le uova. Era difficile però costringere le galline a non depositare uova in quel periodo, così i primi cristiani si trovavano con un surplus di uova che non potevano mangiare.
Dalla necessità di farci qualcosa sarebbe nata la tradizione di bollirle fino a farle diventare dure come sassi e poi dipingerle con colori sacri e simbolici.
(da famigliacristiana.it)