Raffaele Lauro: Unione Europea a un bivio, no ad un’Italia colonia cinese!

informazione-campania-logoPubblichiamo l’intervista di Amedeo Fantaccione, direttore di informazione.campania.it (quotidiano telematico della Regione Campania) allo scrittore Raffaele Lauro sulla “Fase2” dell’emergenza covid-19.

L’UNIONE EUROPEA AD UN BIVIO. NO AD UN’ITALIA COLONIA CINESE. UN NUOVO GOVERNO DI CORAGGIOSI

di AMEDEO FANTACCIONE

Sen. Raffaele Lauro (PdL)

Raffaele Lauro

Il Governo annuncia l’imminente apertura della “Fase 2”. Cerchiamo di capire gli scenari del futuro prossimo venturo, attraverso l’occhio clinico di alcuni esperti e studiosi dei movimenti sociali, politici e geo-economici. Partiamo dallo scrittore Raffaele Lauro (www.raffaelelauro.it), uno dei “servitori dello Stato” di lungo corso. Tramite una conference call, abbiamo raggiunto, in casa a Roma, il prefetto, già docente, senatore della Repubblica e capo di Gabinetto del ministero dell’Interno e del ministero dello Sviluppo Economico, per cercare di individuare, con lui, una strategia capace di avviare realmente la cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza Covid -19, alla luce di quanto annunciato dalla Presidenza del Consiglio che potrebbe autorizzare la riapertura, sia pure parziale, del comparto economico e produttivo nazionale, a partire dal 4 maggio prossimo.

Professor Lauro, come vede la situazione istituzionale in Italia e, soprattutto, come giudica questa vera e propria “babele” istituzionale, dove vi sono provvedimenti ed ordinanze che si accavallano e si soprappongono a seconda della competenza e della territorialità?

“Come gli storici del tempo (160-180 d. C.) che descrissero la pandemia della cosiddetta “Peste Antonina”(in realtà si trattò di vaiolo con vittime dai 10 ai 30 milioni!), così chiamata dagli imperatori della dinastia degli Antonini (Lucio Vero e Marco Aurelio, l’imperatore-filosofo) che ne restarono vittime, vado pubblicando analisi e riflessioni, riprese anche dal vostro quotidiano, passo dopo passo, sui ritardi colpevoli, sulle rassicuranti sottovalutazioni, sulle contraddizioni e sull’incapacità di coordinamento del Governo Conte, nella speranza, se sopravvivo, di rendere pubblico, poi, un diario documentato di questa tragedia nazionale e internazionale. A memoria dei posteri! Anche se, a quanto pare, la Storia non ha insegnato niente a nessuno, in particolare a quelli che solo eufemisticamente possiamo chiamare governanti. Senza dimenticare, naturalmente, le sottovalutazioni e i ritardi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nonché i criminali silenzi iniziali del regime dittatoriale della Cina. In tal modo, il celebrato “modello italiano”, peggiorato dai governi europei che lo hanno imitato solo in peggio, è stato caratterizzato, dopo lo scoppio della pandemia sanitaria, da quattro anarchie: anarchia istituzionale, anarchia comunicazionale, anarchia scientifica ed anarchia economico-sociale. Cui seguirà, come in passato, l’anarchia psicologica, individuale e collettiva, con il rischio di suicidi, di insurrezioni popolari e di dissoluzione del tessuto economico-sociale. La paura e i timori per il futuro si stanno trasformando in rabbia violenta, il cui punto di rottura potrebbe essere la mancanza di risorse materiali per la sopravvivenza fisica delle persone e dei nuclei familiari. Ho definivo il caos istituzionale in atto il “Bordello Italia”, espressione presa in prestito da Dante Alighieri, una torre di babele che sta mettendo in pericolo la stessa unità dello Stato e il regime democratico, fondato sulla costituzione repubblicana”.

Quale potrebbe essere, secondo lei, la cadenza e lo schema temporale ed operativo capace di portare il paese ad una riapertura totale e soprattutto ad un rilancio economico programmato ed incisivo

“Siamo già in netto ritardo per tentare di recuperare rapidamente l’anarchia economica e sociale. Se la chiusura totale, come da me indicato, fosse stata varata, senza eccezione alcuna, a fine febbraio-inizio marzo, per sole 2/max 3 settimane, con l’esercito a presiedere le strade, il contagio non si sarebbe diffuso a macchia d’olio nelle regioni del Nord e a macchia di leopardo nelle altre regioni, anche a causa di sconsiderati annunzi del premier e la fuga di notizie del cosiddetto sistema Casalino. Ma dobbiamo risollevarci, certo, certo, a costo di altri e più pesanti sacrifici, altrimenti una seconda ondata epidemica ci distruggerebbe come comunità nazionale. Nessuno schema, nessun calendario prefissato, ma un primo criterio generale, da applicare, da metà/fine maggio, con rigore e senza eccezioni: la riapertura, progressiva e selettiva, in rapporto ai dati certi e affidabili del contenimento dei contagi, delle attività economiche e produttive, subordinata a controllate misure di prevenzione e di tutela sanitaria sui posti di lavoro, nelle fabbriche, negli uffici e nei luoghi di necessitata conpresenza di persone. Varando sanzioni, sia penali che civilmente risarcitorie, anche per le famiglie, per i titolati delle società e delle attività, che dovessero inapplicate le misure di prevenzione, personali e comuni, provocando anche un solo contagio. Il “libera tutti”, ora, scatenerebbe una ricaduta pandemica, più estesa e grave, e il conseguente caos. Il secondo criterio: il governo nazionale e i cosiddetti governatori regionali evitassero annunzi di provvidenze economiche, per persone, famiglie e imprese, sotto forma di bonus o di prestiti, senza averne verificato, preventivamente, con procedure snelle e senza intralci burocratici, la fattibilità e l’immediata esecuzione. I prestiti promessi a marzo e ad aprile, con i decreti-legge, stanno provocando una diffusa ribellione, per ora solo verbale, per il pantano burocratico, amministrativo e bancario, nel quale sono stati precipitati dall’esecutivo. Prima di qualsiasi riapertura, il governo do febbre varare un decreto di urgenza per l’erogazione diretta, entro due giorni, sui conti correnti delle famiglie e delle imprese, a partire dalle PIM, di un “contributo a fondo perduto per la ripresa”, a somiglianza e nella misura di quanto distribuito, in Germania, dalla cancelliera Angela Merkel. Ma subito! Non c’è più tempo da perdere!”.

Che ruolo darebbe all’Europa e quali proposte metterebbe sul tavolo di Bruxelles per aiutare in maniera concreta il comparto produttivo italiano

“L’Unione Europea si trova ad un bivio, senza ritorno: o dimostrerà di essere all’altezza della sua missione storica, e questo sarà verificato nelle prossime ore e nelle prossime settimane, oppure avrà fallito e rischierà di essere spazzata via dalla crisi politica, economica e sociale del vecchio continente. Non può essere più questa soltanto una unione di mercanti, di interessi finanziari e di paradisi fiscali, ma, nel momento dell’emergenza, quella della solidarietà tra i popoli e le nazioni europee. La mia proposta? Prestiti immediati, non al 2021 (sarebbe troppo tardi!), senza condizioni, con un controllo consuntivo sull’impiego, finalizzati alle documentate esigenze dei paesi più colpiti e agli obiettivi da perseguire per la ripresa. Minacciare veti, senza avere la forza politica di imporli, come fa l’Avvocato del Popolo, complica e non risolve la situazione. Anche questo atteggiamento donchisciottesco appartiene all’inesperienza politica”.

Come giudica, l’atteggiamento dell’UE, che, come ha denunciato il Telegraph, ha offerto all’Ungheria il doppio delle provvidenze stanziate per fronteggiare l’emergenza Covid-19 in Italia

“Non conosco documentatamente questa offerta, se essa sia reale e quali motivazioni l’abbiano determinata. Quindi, allo stato, non sono in grado di esprimere un giudizio ponderato. Confermo, tuttavia, come sia necessario evitare egoismi nazionali o criteri discrezionali nella distribuzione delle risorse finanziarie europee, affidandosi strettamente alle documentate necessità dei paesi più colpiti e agli obiettivi da perseguire per la ripresa economica”.

Per quanto riguarda il futuro immediato, crede che questo esecutivo possa e debba continuare nel suo indirizzo politico o sarebbe meglio procedere ad una sorta di governo di intesa nazionale, magari guidato da un’indubbia personalità internazionale come Mario Draghi, al fine di gestire la fase di traghettamento medio-lunga, fuori dalla crisi economica

“Dai miei scritti risulta evidente quanto io stimi, con cognizione e per esperienza diretta, il presidente Mario Draghi e quanto disistimi il premier Conte e molti ministri dell’esecutivo. Allo stesso tempo, la mia onestà intellettuale mi impedisce di scaricare tutte le responsabilità della situazione attuale sulle spalle del primo ministro pro-tempore, colpevole si, ma non degli errori del passato. Sarebbe ingeneroso e falsificante la realtà, un autentico alibi mistificatorio, non tenere conto dei misfatti pregressi dei precedenti governi, di centro destra e di centro sinistra, e dei ritardi cumulati, nella prima e nella seconda repubblica, nell’ammodernamento degli apparati dello Stato, nella semplificazione amministrativa, nel contenimento di un debito pubblico enorme, nella risoluzione dei conflitti di interesse, nella non soluzione dei conflitti di competenza tra Stato e regioni, nonché nelle mancate riforme costituzionali. Il problema, inoltre, non riguarderebbe soltanto la guida dell’esecutivo, ma da quali personalità il gabinetto potrebbe essere composto, da quale maggioranza parlamentare potrebbe essere sostenuto e su quale programma radicale (meglio se rivoluzionario!) potrebbe chiedere e ottenere la fiducia. Trovo difficile, se non impossibile, per citarne solo uno, che un Draghi possa lasciare la Farnesina nelle mani di un Luigi Di Maio. E allora? Inclino, sul presente governo e sul futuro governo, da lei auspicato, nelle condizioni politiche attuali, ad un pessimismo razionale. Lo studio della Storia, tuttavia, mi ha insegnato che potrebbe entrare in gioco “il caso o la necessità”, secondo l’insegnamento di Jacques Monod, o, meglio, secondo la fede cristiana, la divina provvidenza”.

Infine, so che lei è sempre stato legato al Mezzogiorno d’Italia ed è uno degli studiosi più seri ed appassionati di quella emergenza mai chiusa e forse mai veramente affrontata come la “questione meridionale”. Secondo lei per il Sud della penisola il post-emergenza potrebbe diventare un’occasione di grande rilancio e, se si, quali impedimenti tra burocrazia, malaffare e politica territoriale bisognerebbe eliminare velocemente?

“Certo sarebbe auspicabile, possibile e necessario un grande rilancio del Mezzogiorno, ma nell’ambito del rilancio generale di tutta l’economia nazionale. La questione meridionale è diventata, dal punto di vista nominale, un reperto archeologico, perché essa oggi si identifica con la questione nazionale, specie dopo un cataclisma pandemico di questa portata. Lo dimostrano gli eventi presenti, nonché, a contrariis, le “baruffe chiozzotte”, come le definirebbe Goldoni, tra i governatori nordisti, centristi e sudisti, che a me appaiono come i granduchi, i conti o i baroni dello Stato preunitario. Fanno ridere certo, ma sono l’anticipo di un nuovo medioevo all’italiana. Il Nord senza il Centro e il Sud non sopravviverà, il Sud senza il Centro e il Nord non si salverà. Nel post-emergenza, il compito di risanamento politico, istituzionale ed economico del nostro paese spetterà ad un governo con una visione complessiva delle esigenze, nazionali e territoriali, formato da personale adeguato e determinato, capace di sfidare l’impopolarità e che, al dunque, abbia il coraggio di correggere le storture del passato e di aggredire le dannose eredità del governi precedenti, dedicandosi ad una rivoluzione organizzativa, ordinamentale e costituzionale senza precedenti. Non ci sarà un prima e un dopo, anche nella trasparenza e nel contrasto definitivo alle mafie. Un sogno? Può darsi. Ma sono tra quelli che, per il tempo che gli resta, non si piegheranno mai a vedere l’Italia ridotta ad una “colonia cinese”, magari governata, come Hong Kong, da un console di Pechino. Di re, viceré e governatori spagnoli, francesi e austriaci, abbiamo fatto già esperienza e spese, nei secoli passati. E non vogliamo riprovarci!”.

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