“Covid-19…Il Paese che verrà/9” Antonio Volpe La Scuola
La Scuola italiana è giunta al capolinea? Interrogativo legittimo oggi che l’emergenza covid-19 ne ha messo a nudo i tanti, anzi troppi punti di debolezza col rischio vero che senza una radicale inversione di rotta nelle politiche nazionali il sistema-istruzione nel nostro Paese può soccombere con effetti devastanti sulla società. Ne abbiamo discusso con il prof. Antonio Volpe, Dirigente Scolastico del prestigioso istituto di istruzione superiore “Biagio Pascal” a Roma. 35 anni nella scuola prima come docente di lettere e filosofia oggi come dirigente, Volpe, nato a Piano di Sorrento, è anche giornalista e collaboratore di diverse testate tra cui anche la rivista di settore “L’Informatore Scolastico”. Esperto di cinematografia è stato l’ideatore della rassegna “Incontri al buio” che da oltre trent’anni si svolge nella Penisola Sorrentina.
Prof. Volpe, la Scuola italiana si è ritrovata all’improvviso innanzi a un’emergenza socio-sanitaria che ha messo a nudo tutte le sue debolezze e gli atavici ritardi che rischiano di metterla all’angolo se non si escogitano soluzioni operative per consentirle di svolgere la sua funzione formativa e anche sociale
“Voglio essere franco…Pochi si rendono conto che la scuola è davvero finita. E non solo nel senso letterale, perché oramai in aula non ci torneremo più fino a settembre prossimo (e molto probabilmente si andrà oltre, per un tempo non ancora definibile) per una serie di ragionevoli motivazioni sanitarie ed organizzative. Ci sarebbero in giro e ammassati negli edifici scolastici oltre 8 milioni e mezzo di studenti, ai quali vanno aggiunti un milione di adulti, tra insegnanti e personale ATA. Una massa incontrollabile di persone che potrebbe provocare una fiammata di focolai del virus ancora non domato.
Dunque, ci avviamo non solo ad una fine anticipata dell’anno scolastico ma, nel senso più esteso di scuola come istituzione, stiamo assistendo alla fine della scuola nata un secolo fa, con la mai del tutto attuata Riforma Gentile. Non sono stati abbastanza “demolitori” né il tanto mitizzato ’68 né le “controriforme” Moratti/Gelmini, né “la Buona scuola” di Renzi quanto questa “emergenza Coronavirus”.
Non potrebbe essere l’occasione per una svolta che le restituisca quella centralità che meriterebbe in una società matura sotto tutti i punti di vista?
“Dal punto di vista della storia della pedagogia, stiamo vivendo un passaggio epocale simile o forse più rivoluzionario di quello intercorso quando nacque la scuola medievale dell’ “ipse dixit” col “magister ex cathedra” che seppellì il modello d’insegnamento socratico nelle agorà… Ma siamo sicuri che il tutor della moderna e-learning non abbia a che fare con il maestro dell’arte maieutica? Consiglio prima di dare una risposta la lettura dell’interessante saggio di Barbara Todini “Parallelismo tra la didattica socratica e l’e-learning”, scritto a Firenze nel “lontano” 2015, come a dire che certi movimenti sono in atto da tempo (https://oajournals.fupress.net/…/article/download/9273/9271/). Eppure c’è voluto… un invisibile virus riprodottosi casualmente in natura senza alcuna intenzionalità o intelligenza (altro che “astuzia della ragione”), a fare da acceleratore (o se si preferisce da detonatore) di un cambiamento inarrestabile. Quando tutto finirà non è dato saperlo! Solo i polverosi sindacati generalisti ottocenteschi non se ne sono accorti. O meglio se ne sono accorti ora perché temono di perdere il loro potere ricattatorio. Consiglio di leggere un libro di Stefano Livadiotti – L’altra casta. Privilegi. Carriere. Stipendi. Fatturati da Multinazionale. L’inchiesta sul sindacato, Bompiani, pubblicato a Milano nel lontano 2008.
Che risposta si può dare ai suoi inquietanti interrogativi?
“Ai nostri governanti l’arduo compito di decidere se e come sostituire la vecchia organizzazione scolastica…Il resto (come concludere/proseguire l’anno horribilis, come svolgere gli esami di Stato da tempo ridottisi a dispendiosi rituali senza fede…) è solo un corollario che potrebbero risolvere tranquillamente i Dirigenti ministeriali…Lo hanno capito bene molti studenti, piu’ degli stessi docenti, che hanno deciso di fare a meno della Dad, almeno per ora… In passato abbiamo contestato il “centralismo burocratico” di un elefantiaco ministero della pubblica istruzione e un signore di nome Franco Bassanini, un socialista piuttosto indipendente, regalò a tutti (non solo alla scuola) la ‘mela avvelenata’ dell’autonomia amministrativa con la poco studiata e mai del tutto attuata Legge 15 marzo 1997, n. 59. Ora molti hanno cominciato a rimpiangere le “una volta odiate” circolari ministeriali …Ora non riusciamo a fare nulla da soli, in piena autonomia. Parafrasando Nietzsche, di cui consiglio di leggere le profetiche Conferenze “Sull’avvenire delle nostre scuole” https://fareondeblog.wordpress.com/…/sullavvenire-delle-no…/ sembra ora di ascoltare il canuto profeta dell’Autonomia amministrativa gridare alla folla, come il folle della Gaia Scienza: “Vengo troppo presto, non è ancora il mio tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino”.
Quali sono a suo avviso i principali problemi emersi in questa emergenza?
“I fenomeni nel campo culturale sono molto lenti a dispiegarsi rispetto alle innovazioni tecnologiche. Dobbiamo solo fare attenzione che non subentri la burocratizzazione e, alla fase dell’entusiasmo che sta coinvolgendo positivamente centinaia di scuole che si rifanno alle esperienze pregresse di movimenti come “Avanguardie educative”, ad esempio, con la piacevole fatica del cambiamento, dell’innamoramento insomma, possa subentrare la fase della normalizzazione, della “routine”, della ritualità senza fede (si pensi a cosa erano gli organi collegiali nel 1974 e cosa sono diventati oggi…). Allora sarà la fine. Ritorniamo ai grandi modelli pedagogici, al sempre attuale Socrate, ma teniamo presente che già tutto questo movimento tellurico era in atto da molti anni…La scuola centralistica italiana, niente affatto scalfita dall’autonomia, con tutti i suoi riti di stampo ottocentesco (penso alla ceralacca per chiudere i plichi durante gli esami di Stato…) non poteva non essere investita prima o poi solo alcune resistenze sindacali anacronistiche, liturgie di sacerdoti senza fede tengono in piedi una organizzazione prigioniera oltretutto di una burocrazia asfissiante.
Il quadro, come lei lo prospetta, è davvero desolante!
“I modelli pedagogici della nostra scuola spesso sono slegati dalla realtà esterna. La tanto contestata alternanza scuola-lavoro ha messo in luce nelle scuole secondarie superiori la distanza abissale tra quanto svolto nelle aule e ciò che accade fuori … I nostri allievi nativi digitali, maggiormente attrezzati a muoversi in questa civiltà social, hanno capacità di adattamento superiori agli stessi loro docenti che possono dialogare con loro solo accettando questa sfida. La scuola come istituzione è lenta nei movimenti, elefantiaca, dovrebbe essere agile e veloce come una gazzella… e invece nella stragrande maggioranza dei casi si preoccupa di tenere i suoi banchi allineati davanti alla cattedra…la vita invece sta fuori nell’agorà…reale o virtuale poco importa”.
Qual è stata la reazione degli addetti ai lavori a questa situazione?
“Per fortuna la maggior parte dei docenti, ata, studenti e famiglie hanno reagito al tentativo di imbavagliare il cambiamento….Il coronavirus ha fatto emergere le contraddizioni di un modo di fare sindacato che oggi serve a tutelate non il lavoratore onesto, preparato, con un’etica del lavoro bensì solo i lavativi, i furbi, i parassiti, gli assenteisti, i ritardatari cronici, gli incapaci, gli inidonei a ricoprire un posto nella scuola. Ci auguriamo che il Governo e Mattarella procedano verso un risanamento del settore istruzione che non può essere solo un ufficio di collocamento, un ammortizzatore sociale ed un distributore di stipendi a tutti in modo indifferenziato, senza valorizzare il talento e le capacità, titoli e competenze reali…Ci auguriamo che in questi giorni vengano verificate anche le posizioni di chi se ne sta a casa senza lavorare, praticamente a rubare uno stipendio, mentre tanti altri lavoratori ad esempio del settore sanitario rischiano ogni giorno la vita per curare gli ammalati …è una minoranza per fortuna che però disonora la classe docente, venendo meno al proprio ruolo di educatori che dovrebbero dare il buon esempio. In una fase di emergenza internazionale senza precedenti è veramente da incoscienti abbandonare al loro destino ragazzi e famiglie, affermando che “la didattica a distanza non è prevista nel contratto”, come se si potessero prevedere pandemie e calamità naturali”.
Lei è molto critico, severo nei confronti del mondo sindacale nella scuola?
“Più che una difesa della libertà di insegnamento ci pare, da parte di alcune frange, una difesa della libertà di non fare nulla…Quando invece il Paese ha bisogno, ora più che mai, di persone responsabili, di esempi di virtù e di speranza in un futuro per le giovani generazioni.
Gli incontri a distanza per gli organi collegiali sono già una realtà in tante altre amministrazioni e settori. Si fanno online consigli di amministrazione, tesi di laurea, riunioni di ministri europei. Non ci sarebbe stato bisogno di specificarlo in un decreto per la scuola italiana. Ma niente, noi abbiamo bisogno nonostante l’autonomia scolastica di chi ci guida passo passo dall’alto…Siamo malati di un virus più pericoloso dello stesso Corona, il “burocrazia virus”.
E sull’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito didattico come stanno le cose?
“L’uomo primitivo scoprendo che i suoi versi animali potevano diventare parola e linguaggio capì che poteva comunicare con l’altro non solo toccandolo o annusandolo ma anche a distanza, emettendo dei suoni con le sue corde vocali dai significati condivisi che poi imparò ad amplificare usando le due mani attorno alla bocca, inventò cosi il megafono, poi i segnali di fumo, la scrittura, i piccioni viaggiatori, poi arrivando all’età moderna… il telegrafo, il telefono, la radio, la tv, il cellulare, poi internet …non conta il mezzo ma il fine, l’intensità e l’intenzionalità di quelle vibrazioni che partono dalla nostra mente e dal nostro cuore e lanciamo nel cyberspazio per raggiungere l’altro…Trovo interessanti le proposte operative dei miei colleghi dirigenti scolastici Laura Biancato, Amanda Ferrario, Antonio Fini e Alessandra Rucci, sintetizzate in un agile documento di 16 pagine dal titolo “La scuola riparte(anche) fuori dalle mura”. Spero siano lette con attenzione dal Governo e dalla Ministra Azzolina, una giovane docente che si è trovata ad affrontare una crisi senza precedenti ma che ha il coraggio e l’entusiasmo giusti per andare avanti. Nella previsione che gli effetti dell’emergenza Covid-19 impongano un distanziamento sociale che si protrarrà per diversi mesi ancora (forse fino alla primavera del 2021) suggeriscono alcune soluzioni per garantire il diritto allo studio di milioni di alunni mettendo in piedi modalità alternative alle usuali attività didattiche e privilegiando un sistema “misto”(a distanza/in presenza), che garantisca il rispetto del distanziamento sociale e dell’uso dei dispositivi individuali di sicurezza, con un ripensamento sostanziale dei paradigmi ai quali siamo abituati da decenni. Seguono per ogni ordine di scuola, dall’infanzia alla secondaria superiore, una programmazione complessiva di azioni durature ed organizzate. Ce ne dobbiamo fare una ragione: la scuola di una volta non può vincere questa sfida se non riesce a rinnovarsi e a cavalcare il cambiamento utilizzando la tecnologia ma rispettando nel contempo quei valori che hanno specificatamente caratterizzato il mondo occidentale”.