“Covid-19…Il Paese che verrà”/5: Francesco Saverio Esposito, l’avvocatura
Francesco Saverio Esposito è un avvocato di Piano di Sorrento con sulle spalle oltre 40 anni di attività professionale svolta a tutti i livelli giudiziari. Con lui affrontiamo un tema che la stessa emergenza covid-19 ha ulteriormente accentuato e cioè il ruolo dell’avvocatura nel nostro Paese tanto più alla luce di una situazione che ha messo in crisi l’ordinamento giudiziario imponendo scelte per certi versi imprevedibili e che modificheranno non poco la professione e la stessa cultura giuridica italiana
Avvocato Esposito, il suo settore sicuramente non viveva una situazione rosea, ma ora ci si è messo anche il covid-19 ad aggravare la situazione. Vogliamo parlarne?
“L’Avvocatura era in una fase difficile ancor prima che intervenisse l’epidemia di Covid con gli inevitabili effetti che avrà sull’attività giudiziaria in genere e su quella professionale in particolare. Il primo dei problemi dell’Avvocatura è nell’eccessivo numero di iscritti agli albi, determinato da assoluta mancanza di pianificazione negli anni. Ritengo si tratti di una criticità scaturita dalle poco accorte scelte scolastiche operate alla fine degli anni ’60 dai primi governi di Centro Sinistra. Si mirò a smantellare, sotto le spinte emotive del ’68, il preesistente sistema, senza però edificarne uno nuovo altrettanto equilibrato. Una delle tante sciocchezze fu liberalizzare l’iscrizione all’Università rendendo così possibile l’accesso alla facoltà di Giurisprudenza, prima limitato solo a chi proveniva da studi classici, da qualsivoglia indirizzo scolastico secondario. Il che, come ovvio, ha portato a un proliferare di iscritti a giurisprudenza e, di conseguenza, all’albo degli avvocati”.
Questa è la principale causa della crisi dell’avvocatura oggi in Italia?
“A completare il disastro ci sono state le ulteriori riforme degli anni ’90 con cui in pratica si è consentita la decuplicazione delle sedi universitarie e delle facoltà. Se fino a qualche decennio fa in tutto il sud Italia, Sicilia compresa, era possibile conseguire la laurea in Giurisprudenza solo frequentando la “Federico II” o le altre facoltà (5 o 6 in tutto) presenti in Puglia ed in Sicilia, oggi é possibile conseguirla in un numero incredibile di Università, pubbliche e private, sparse sul territorio.. Tutte a vario titolo ammesse ad ottenere contributi pubblici concessi con criteri discutibili che hanno come presupposto il numero di iscritti e di laureati.
Il che, per alcune Università, ha comportato la corsa a conquistare il maggior numero di studenti possibile ed a laurearne nella misura massima possibile”.
Com’è la situazione in Campania?
“Solo nella regione Campania sono almeno una decina le facoltà di Giurisprudenza sparse sul territorio e, se non bastasse, a rilasciare il titolo concorrono anche facoltà con corsi di laurea on line. Poco c’è mancato che a qualcuno non venisse in mente di aprire una facoltà di Giurisprudenza anche a Faito! Le conseguenze di tali sciagurate politiche scolastiche sono sotto gli occhi di tutti. Un numero di iscritti all’albo spropositato, ben oltre le necessità del mercato, con conseguente svilimento della professione.
Su questa già problematica situazione è arrivata l’epidemia con i vari provvedimenti restrittivi che, di fatto, al momento azzerano le attività”.
Cosa ne pensa dei provvedimenti emanati dal Governo per la giustizia?
“Quelli emanati dal Governo in materia di Giustizia sono provvedimenti di non facile comprensione e che lasciano spazio ad interpretazioni non univoche e, dunque, foriere di futuri possibili e probabili interventi della Corte Costituzionale. Sarebbe lungo parlarne. La soluzione di gestire i vari processi in videoconferenze o telematicamente ha evidenti aspetti di incostituzionalità non garantendo appieno il diritto di difesa. Ma ciò che è più grave pone in seria discussione l’essenza stessa dell’Avvocatura che ha il suo fondamento sul confronto dialettico anche a volte aspro, sul dialogo costruttivo con magistrati giudicanti e inquirenti, sulla capacità di interloquire con immediatezza con avversari e magistrati.
Quindi non è una scelta di modernità quella delle udienze online?
“La gestione a distanza delle udienze, seppur limitata e circoscritta a procedimenti d’urgenza sia civili sia penali o amministrativi, non può che essere una soluzione provvisoria e temporanea. Guai ad immaginare che soluzioni del genere possano diventare definitive. È auspicabile che l’attività giudiziaria ritorni alle sue antiche metodologie. Per talune udienze, mi riferisco in particolare a quelle conclusive civili, è ragionevole prevedere che possano essere convenientemente trattate telematicamente. In questi casi, salva l’ipotesi che i difensori non chiedano, con congruo termine, di voler rendere oralmente chiarimenti al Giudice, sia esso in veste monocratica sia esso in seduta collegiale, il processo potrà essere assegnato a sentenza anche senza la presenza dei difensori o, anche, previa richiesta degli stessi fatta pervenire telematicamente al Giudice”.
Quali sono gli aspetti più delicati del problema?
“Avviene che spesso si perde una mattinata presso i Collegi d’Appello Civile solo per confermare al Giudice la volontà che la causa sia assegnata in decisione. Ma per il resto, le udienze, soprattutto quelle penali, ma anche quelle pubbliche fissate nel processo innanzi a TAR e CdS, vanno trattate con la partecipazione personale dei difensori. L’avvocato deve poter guardare negli occhi il Collega avversario ed il Magistrato cercando di comprenderne velocemente tesi e deduzioni e, nell’immediatezza, replicare eventualmente confermando o modificando le proprie difese. E’ nel vivo del dibattimento che l’ultima parola può essere utile a meglio illustrare un punto decisivo della controversia o anche a dare la possibilità al Giudice di chiedere chiarimenti e all’avvocato di fornirli. Non scherziamo con principi fondanti del nostro ordinamento giudiziario”.
E riguardo al numero degli iscritti all’ordine professionale?
“L’imponente numero di iscritti è il problema centrale dell’Avvocatura, è venuto il momento che la classe e la politica debbano porselo e cercare soluzioni. Sempre che si voglia evitare l’ulteriore china discendente di una professione in passato ammantata di prestigio. Io ho avuto la fortuna di conoscere, all’inizio della professione, avvocati che alla indiscutibile preparazione professionale univano una cultura generale vastissima. E anche questo conferiva autorevolezza alla professione. Credo che sia sempre più arduo coniugare preparazione professionale e cultura, ma é una sfida che l’avvocatura deve porsi per tornare ad essere autorevole punto di riferimento nella moderna società”.