“Covid-19…Il Paese che verrà/13”: Alfonso e Livia Iaccarino
Alfonso e Livia Iaccarino incarnano l’eccellenza gastronomica italiana interpretata in tutto il mondo, ma senza mai perdere di vista lo stretto rapporto che intercorre tra cucina e territorio, praticamente la chiave del loro successo a tavola. Oggi che continuano a scrivere pagine bellissime della loro passione di vita e attività imprenditoriale testimoniano un culto vero per la “civiltà della tavola”: il loro impegno è infatti diretto a sensibilizzare le coscienze umane sui valori autentici da salvaguardare per vivere meglio e, di riflesso, mangiare meglio, in modo salutare.
E’ questo il leitmotiv di questa chiacchierata con i pionieri della cucina di qualità nella Penisola Sorrentina, in quella Sant’Agata sui due Golfi dove nel 1890 nasceva la “Pensione Iaccarino” e nel 1973 il “Don Alfonso 1890“, l’Hotel Ristorante della famiglia Iaccarino con Alfonso e Livia e loro figli Mario ed Ernesto.
Alfonso coltiva con assiduità e passione la sua tenuta agricola biologica ,”Le Peracciole“, a Termini frazione di Massa Lubrense, e che si estende su una superficie terrazzata di 7 ettari tutti coltivati ad agricoltura biologica i cui prodotti riforniscono la cucina del ristorante.
Attendiamo il rientro di Alfonso dal suo quotidiano lavoro in azienda per scambiare con lui quattro chiacchiere sulla ristorazione e sulla prospettiva del settore dopo la crisi provocata dal covid-19.
Un’intervista che, nel giro di pochi minuti, si è trasformata in una lectio magistralis sull’importanza della natura, dell’ambiente, del territorio e dei suoi prodotti per nutrirsi all’insegna della qualità, della sicurezza, della tradizione e infine del gusto frutto dell’abilità di chi in cuina manipola gli alimenti e li trasforma in pietanze dai sapori più unici che rari.
“Trascorro ogni giorno nella mia azienda agricola biologica perchè è lì nasce la nostra storia, vivo lì ogni mattina la natura con la passione di coltivare il terreno senza il quale non potrebbero esserci quei prodotti genuini, salutari che diventano le pietanze della nostra arte culinaria. Ci dobbiamo rendere conto che negli ultimi 50 anni in tutto il mondo sono cambiate le regole che disciplinano la buona alimentazione e questo solo a danno della nostra salute: polli che impiegano 30/40 giorni per raggiungere il peso da macello rispetto a una crescita naturale che durava un anno! Che cosa mangiamo in questo modo? Ce lo chiediamo? La carne che una volta era il piatto dei ricchi oggi è consumata su larga scala in tutte le famiglie, ma ci rendiamo conto quella carne di cosa è fatta, di quante sostanze chimiche e farmaceutiche occorrono per provocare questa vera e propria “esplosione” della crescita? Le conseguenze le abbiamo sotto gli occhi, obesità e malattie, allergie e degenerazioni organiche che provocano infezioni, sensibilizzazioni e altri malanni. Si dice che siamo quello mangiamo, ma vi chiedo: vi rendete conto di quello che la grande industria, le multinazionali ci fanno quotidianamente ingurgitare trasformandoci in accumulatori di tossine di tutti i tipi che trasformano e fanno ammalare il nostro organismo? Com’è possibile parlare di nutrizione, di alimentazione, di gastronomia se non ritorniamo alle produzioni originali, di qualità che premiano il gusto, ma soprattutto la salute?”.
Alfonso, ma qual è la ricetta migliore per cercare di sopravvivere al processo di colonizzazione alimentare imposto dalle multinazionali e da un mercato sempre più indifferente rispetto ai temi della salute?
“Siamo la terra della dieta mediterranea che rappresenta una valore assoluto riconosciuto dalla scienza. A questa dieta dovremmo uniformare tutte le nostre scelte alimentari e gastronomiche! La nostra terra è quella che più di qualunque altra nel mondo è in grado di produrre varietà, ne abbiamo oltre 5000 di specie di frutta e verdure, più di qualunque altro paese al mondo… Noi siamo la culla di quella civiltà della tavola grazie alla quale si parla ancora di una longevità strettamente legata ai territori, ai nostri territori dove si producono oli, agrumi, verdure di una qualità che rappresenta le fondamenta della dieta mediterranea! Per questo se distruggiamo il territorio compromettiamo irrimediabilmente le nostre produzioni e, di riflesso, la bontà dei nostri prodotti caratteristici e di qualità! Questa è la sfida che dobbiamo vincere, tornare alla terra, salvaguardarla facendole produrre tutti quei doni che la natura e il buon Dio ci hanno regalato. Allora possiamo parlare di una cucina a misura d’uomo e questo dev’essere il nostro obiettivo”.
Quindi la sfida per l’eccellenza a tavola si gioca sui territori, nella salvaguardia della terra e nella capacità di produrre qualità?
“Assolutamente! I nostri boschi sono stati abbandonati, quelli dove andavamo a raccogliere funghi, fragole, erbe per i nostri rosoli e per i nostri liquori tipici… un patrimonio naturale in grado di donarci quello che altrove non c’è e che non ha gli stessi aromi, gli stessi sapori… Da qualche anno abbiamo visto tornare qualche rondine: erano scomparse, come pure i pipistrelli…Le api che sono sentinelle privilegiate della qualità dell’aria sono diventate anch’esse rare, ne muoiono a migliaia perchè l’aria è diventata sempre più irrespirabile e riuscire a produrre il nostro miele di qualità è davvero un’impresa che richiede sacrifici incredibili. La stagionalità: la natura ci fornisce al momento giusto quello che occorre anche alla nostra salute, d’inverno la vitamina C con gli agrumi, d’estate i sali minerali che abbondano nella nostra frutta. Questo significa rispettare la natura, ma salvaguardare anche il nostro organismo, disintossicarlo dai medicinali che ci rendono sempre più deboli, attaccabili da virus e batteri da cui potremmo benissimo sentirci al riparo grazie alle nostre difese naturali”.
Alfonso lei non ci sta parlando di ristorazione, ma di quello che occorre fare per potersi nutrire in modo corretto e salutare, una lezione di saggezza che spiega il segreto del suo successo come chef…
“Siamo quello che mangiamo, ma se mangiamo male il nostro organismo sta male! In questi giorni di forzato immobilismo abbiamo assistito a un fenomeno straordinario: la natura che si è riappropriata dei suoi spazi vitali, sulla terra, in cielo, nel nostro mare. Stiamo assistendo a uno spettacolo straordinario, forse irripetibile, che ci dimostra cosa dovremmo fare per vivere meglio. Gli animali, gli uccelli i pesci si sono reinsediati nel loro habitat, quello che era loro e che l’insaziabile egoismo umano gli ha sottratto senza rendersi conto che, così facendo, l’uomo ha danneggiato innanzitutto sè stesso. Per questo occorre che gli amministratori di questa nostra bella terra sappiano fare sistema capitalizzando il senso di questa triste esperienza in chiave di positività per il nostro territorio. Solo così possiamo sperare che non collassi! Non si deve perdere più tempo per trovare una soluzione per il traffico a livello comprensoriale. E’ un’emergenza che non può attendere oltre per essere risolta; si devono realizzare dei sentieri naturalistici che attraversino tutto la Penisola, da Piano ai Colli fino a Salerno, passando per la Costiera Amalfitana, sentieri che possono essere percorsi anche d’inverno. Abbiamo un patrimonio straordinario come Le Tore che devono diventare un fiore all’occhiello di tutta la Penisola… Insomma se vogliamo mangiare bene dobbiamo agire sul nostro ambiente rispettandolo e recuperandolo, restituirgli una priorità d’attenzione nelle politiche che sviluppiamo avendo sempre cura di preservarne le peculiarità!”.
Lei è spesso è stato ospite del salotto di Bruno Vespa “Porta a Porta” per parlare di questi temi cui tiene tanto! Non sarebbe il caso di proporre al giornalista una puntata in cui lei possa confrontarsi anche con il mondo sanitario rispetto alla pandemia e alle ragioni della debolezza dell’uomo rispetto al virus?
“Si, sono stato ospite di Bruno Vespa e la sua idea mi piace. Potrei proporgli di discutere di quest’emergenza tenendo presente le cose che ci siamo detti e parlare quindi di nutrizione coinvolgendo esperti come il prof. Tarro, che è un’autorità indiscussa a livello mondiale… E poi vorrei scambiare qualche idea col prof. Burioni… Magari chiamo Vespa e gli propongo di fare un dibattito”.
Alla nostra conversazione telefonica con Alfonso assiste la signora Livia, alter ego del marito, una presenza discreta quanto ricercata dai commensali del don Alfonso per l’amabilità con cui accompagna i momenti conviviali. Con lei cerchiamo di comprendere qual è lo stato d’animo imprenditoriale del “Don Alfonso”…
“Questo sarebbe stato un periodo già molto intenso per la nostra attività, ma posso assicurarvi che fino a quando non avremo la certezza che il rischio di contagio è esaurito non riapriremo la nostra struttura. Il nostro è un team collaudato, professionalmente all’altezza della storia antica e presente del don Alfonso e ci teniamo innanzitutto a preservare la salute del nostro personale che è un patrimonio dell’azienda. Per pianificare il da farsi, è chiaro, occorre avere una data di riferimento. In mancanza è difficile muoversi in qualsiasi senso, per ora brancoliamo tutti nel buio con la speranza che arrivino buone notizie! Si dovranno attuare metodi di controllo sui clienti prima di accedere nel locale, questo a garanzia di tutti e quindi oltre agli accorgimenti che tutti dovremo adottare, a partire dalla sanificazione degli ambienti, bisognerà individuare il metodo per canalizzare ingressi ed uscite, controllare la temperatura… insomma garantire sicurezza a tutti a tutela dell’immagine dell’azienda che anche sull’accoglienza ha una sua precisa identità da difendere. In ogni caso cambierà il modo di fare ristorazione e occorre cominciare a ragionarci a trecento sessanta gradi…”.
Signora Livia, Alfonso ci ha spiegato che solo rispettando la natura possiamo guardare con ottimismo al futuro dell’umanità. Per mangiare bene bisogna attingere a una materia prima prodotta da territori come quello sorrentino che ha ancora una buona capacità di generare eccellenze…
“Questo per noi è diventato un chiodo fisso, prima di parlare di gastronomia parliamo di terra, di prodotti a chilometro zero che, per quanto ci riguarda, coltiviamo nella nostra azienda biologica. Abbiamo visitato 96 paesi nel mondo e abbiamo attività in altre nazioni. Sappiamo bene qual è il potere di condizionamento dei mercati da parte delle multinazionali… Ci sono Paesi che hanno perso completamente la loro autonomia nella produzione agricola costretti ad acquistare i semi geneticamente modificati e che quindi obbligano alla dipendenza togliendo al produttore agricolo l’essenza stessa del suo lavoro. Spacciano tutto ciò per modernità e salvaguardia del benessere, invece è solo business e questo impone consumi che danneggiano la nostra salute. E’ complicatissimo sottrarsi a questo gioco, bisogna fare scelte precise e avere coraggio e forza nel portarle avanti. Pochi ci riescono e la situazione, a ben rifletterci, è davvero angosciante”.
Che cosa l’ha colpita di più di questa pandemia?
“Ho colto in questa tragedia che si è abbattuta sull’umanità una similitudine con la strage degli ulivi pugliesi, piante millenarie che sono state all’improvviso distrutte dal batterio Xylella che ha devastato un patrimonio arboreo dal valore inestimabile oltre che di una bellezza straordinaria. Queste piante hanno cominciato a morire perchè indebolite nel corso degli anni da pratiche agricole lesive della loro natura, l’uso indiscriminato di fertilizzanti, di diserbanti e di altri prodotti chimici ne ha indebolito la capacità di difesa contro agenti naturali dimostratisi molto aggressivi. Così li abbiamo visti soccombere uno dietro l’altro, a migliaia, impotenti nel trovare una soluzione a un danno che è stato prodotto dall’uomo… Col covid-19 ho avuto la stessa impressione: gli uomini indeboliti dall’uso indiscriminato della chimica nell’alimentazione, dall’abuso di farmaci che ne hanno ridotto la capacità di reazione anticorpale, si sono trovati indifesi di fronte all’aggressività di un virus che, a prescindere dalle reali cause che hanno generato la pandemia, sta facendo strage e chissà per quanto tempo ancora saremo costretti a convivere con queste paure e con le nostre debolezze. Mangiare sano, naturale, biologico significa mettere in condizione il nostro organismo di attivare meccanismi di difesa naturali contro le infezioni, le malattie. Nella natura c’è tutto quello di buono che ci fa bene, dobbiamo capire che se rinunciamo ai suoi benefici siamo tutti più deboli e più esposti ai rischi di qualunque virus. E’ questo l’appello che, ancora una volta, la nostra famiglia rivolge alla comunità: recuperiamo la nostra cultura gastronomica frutto di esperienze di generazioni e mettiamo al riparo la terra, salvaguardiamo la nostra agricoltura, non violentiamo i nostri animali, ma rispettiamone i tempi di crescita senza manipolazioni artificiali. Solo così c’è un futuro per le nuove generazioni. Noi abbiamo scelto di andare in questa direzione e anche a costo di tanti sacrifici persevereremo su questa strada che è quella del rispetto dell’ambiente e dell’uomo nell’interesse di entrambi”.