“Covid-19…Il Paese che verrà/10” Gigliola De Feo
La crisi dell’emergenza covid-19 si è abbattuta prepotente sul mondo dell’arte e dello spettacolo, sugli artisti in tutte le loro variegate espressioni, sull’associazionismo di settore. Tutti praticamente bloccati, senza un’idea su quello che riserva loro il futuro, privi di una programmazione e di quelle risorse economiche che, inevitabilmente, sono state dirottate altrove a tutti i livelli. Ne parliamo con Gigliola De Feo, napoletana ma con forti legami in Costiera, attrice e direttrice de La Falegnameria dell’Attore di Napoli. Laureata in scienze politiche è anche giornalista e vanta importanti esperienze professionali anche diverse dall’ambito artistico-teatrali. Con lei proviamo a fare il punto sul presente e sul futuro del mondo dello spettacolo nel nostro Paese.
Gigliola, che cosa l’ha colpita di più in questa circostanza per tanti versi surreale nella sua particolarità di emergenza collettiva?
“Quello che più colpisce in questi giorni surreali di chiusura forzata del mondo è il fatto che per alcuni di noi non si tratta semplicemente di capire da dove, e come, ripartire, quando sarà possibile farlo. Piuttosto occorre fare uno sforzo in più: dimostrare che la propria esistenza è funzionale ad una qualche utilità per il resto dell’umanità. Ci sarebbe quasi da sorridere, se non ci fosse da piangere, ma tocca questo compito ingrato e indecente a tutti i lavoratori dello spettacolo e della cultura più in generale”.
Come si sta comportando il suo mondo in questa crisi per il momento senza prospettive?
“Si moltiplicano gli hashtag e le petizioni per affermare che se non ci fossero gli attori, i musicisti, gli scrittori, i poeti, i pittori, i danzatori non solo la vita sarebbe molto più arida e priva di bellezza, ma, a dirla tutta, questa stessa quarantena sarebbe stata insopportabile, inaffrontabile, insostenibile. È difficile digerire questo stato di cose: è difficile accettare di appartenere ad una categoria che deve costantemente giustificare il perché della sua esistenza e spiegare il valore della stessa, quasi fosse figlia di un Dio minore”.
Proviamo allora a raccontarlo questo mondo in sofferenza…
“Il mondo dello spettacolo e della cultura sta subendo danni enormi in questi mesi di pandemia, le cifre sono spaventose: 300.000 persone del settore non stanno lavorando. Si stima una perdita di circa 20 milioni di euro la settimana, per cui, facendo un rapido calcolo, intorno a fine aprile il danno potrebbe aggirarsi intorno ai 150 milioni di euro. Eppure, di noi nessuno parla. I teatri sono stati tra i primi ad essere chiusi e saranno molto probabilmente gli ultimi a riaprire. Non è possibile dover ancora ascoltare, di fronte a queste cifre che parlano di una vera e propria calamità economica, interventi appassionati come quello dello scrittore Stefano Massini che giustamente dice “io non sono inutile”. Non è possibile che siamo ancora a questo! Occorre non solo stanziare fondi per aiutare i lavoratori del settore senza stabilire criteri irrealistici da possedere per accedere ai bonus… o, ad esempio, procedendo a bloccare anche per i teatri, e non solo per le mere attività commerciali, il pagamento dei fitti degli stabili… ma, di più, occorre lavorare ad una strategia integrata per far ripartire l’intero settore, pianificare e programmare la ‘fase 2’ per l’industria (e non a caso uso questa parola…) della cultura con la stessa sollecitudine che si usa per altri settori, nè più nè meno”.
Certo che bisogna preoccuparsi anche di questo…
“Tutto questo si deve fare, e va fatto, non solo perché sarebbe criminale lasciar morire di fame tutte le innumerevoli professionalità che circuitano intorno al settore cultura, ma anche perché noi siamo l’Italia… E l’Italia è Arte, Teatro, Cinema, Musica, Letteratura… più di ogni altra cosa. Sarebbe da ciechi non averne coscienza e non agire di conseguenza”.
Qual è il suo auspicio per la “rinascita” del nostro Paese?
“Per quanto mi riguarda, vorrei che da questa apocalisse nascesse un nuovo modo di sostenere il Teatro in Italia: sogno il sostegno alle piccole realtà teatrali, soprattutto quelle di provincia, che spesso hanno il merito di far lavorare gli attori giovani e le compagnie meno conosciute, e che spesso scovano e lanciano progetti interessanti, meglio dei Teatri cosiddetti importanti che da tempo hanno abdicato a questo ruolo di Talent-scout. Sogno che si comprenda il valore del Teatro per la scuola: c’è stato un disegno di legge interessante, in passato, promosso dal sottosegretario Faraone, in tal senso, ma poi la cosa si è arenata, mentre sarebbe bellissimo, e darebbe anche lavoro a molti operatori del settore, vedere gli attori entrare nelle scuole per insegnare il Teatro tra le materie curriculari”.
E per lei che cosa desidera?
“Per me, personalmente, spero di poter riprendere presto le mie lezioni agli allievi de “La Falegnameria dell’Attore”, la mia scuola di recitazione, perché abbiamo lasciato in sospeso i loro sogni e la loro passione e questa è una ferita che mi fa star male.
Infine, mi auguro con tutto il cuore di poter riprendere la tournée dello spettacolo “Gianni Rodari Un’intuizione fantastica”, di cui sono interprete accanto a Franco Oppini e che ho coprodotto con Giuliana Tabacchini, direttrice del Nuovo Teatro Sancarluccio: ecco, sarebbe meraviglioso se gli eventi futuri e le decisioni di chi ci governa dimostrassero che l’Italia è un Paese per donne che hanno il coraggio di fare impresa nel settore cultura. Questo sì che mi farebbe davvero piangere di gioia!”.