Lo Smart Working nell’emergenza “coronavirus”

lucia-gargiuloNell’emergenza “coronavirus” il lavoro da casa restando connessi alla propria azienda attraverso il pc (smartworking) sta avendo un’ampia diffusione. Può sembrare una misura straordinaria, ma in alcuni Paesi è già una realtà. La legge italiana lo prevede e molti ormai pensano che sarà il modo di lavorare del futuro. Si tratta di una soluzione organizzativa che consente di scegliere il luogo e l’orario in cui lavorare, con l’obiettivo di essere più efficienti.
In Italia questa possibilità è stata stabilita a condizione che ci sia accordo tra dipendente e datore di lavoro (dalla Legge n.81 del 2017). Il lavoro in “smart” concilia meglio i tempi della vita delle persone e contemporaneamente ne migliora la produttività. A parte di un leggero aumento dei consumi domestici come luce e gas, lo smartworking fa risparmiare su tante voci. Dalle spese di viaggio, ai costi dell’accudimento dei figli e degli anziani e si evita anche di acquistare pasti pronti…
Poi ci sono risparmi di tempo: si calcola che con il lavoro agile, guadagnamo circa 90 minuti al giorno, che è la media italiana del tempo impiegato tra raggiungere l’ufficio e tornare a casa. Chi usa lo smartworking dedica metà di questo “tempo recuperato” alla famiglia o a sé stesso e un quarto lo reinveste nel lavoro.
Inoltre diminuiscono le assenze per permessi e malattie. Come in tutte le cose ci sono dei lati positivi e dei lati negativi. Il lavoro ha una dimensione sociale molto importante legata allo scambio tra le persone. Isolarsi a casa potrebbe portare solitudine e alienazione, impoverire sia le persone sia la qualità della prestazione professionale. Il lavoro “ci arricchisce” e “si arricchisce” grazie alle relazioni che si creano. Gli scambi con i colleghi possono essere di tanti tipi, ci fanno bene umanamente. Il lavoro da casa può essere meno stressante e più comodo, se è dosato e strategico può essere utile.
Estenderlo come prassi abituale non giova alle persone e alla qualità della prestazione: il team e la squadra stimolano le risposte migliori e ci permettono di vedere un problema da altri punti di vista. Con più libertà spesso si possono avere meno tutele. Quando siamo sempre raggiungibili c’è il rischio di essere onnipresenti, senza orari e senza confini. Questo ci logora e può sfociare addirittura in una patologia. Dello smart work (lavoro agile) fa riferimento il Decreto Legge “Salva Italia” all’art. 39 (Disposizioni in materia di lavoro agile) 1. Fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,n.104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni previste (articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104) hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile (ai sensi dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio2017, n. 81), a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione. 2. Ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile (ai sensi degli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81). Per le attività esternalizzabili, l’azienda può, in tutto il territorio nazionale (D.P.C.M. 8 marzo 2020) attivare automaticamente la modalità di lavoro agile (c.d. smart-working) ai propri dipendenti, anche in assenza di un accordo individuale. L’importante è seguire le prescrizioni previste dal legislatore, attraverso gli articoli da 18 a 23 della Legge n. 81 del 22 maggio 2017. Gli obblighi informativi, previsti dall’articolo 22, comma 1, della legge n. 81 del 22 maggio 2017, sono assolti in via telematica. Il lavoratore in smart-working è tutelato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali. La comunicazione telematica obbligatoria, prevista sul sito del Ministero del Lavoro (https://servizi.lavoro.gov.it/smartworking), dovrà essere effettuata, individualmente, entro il giorno antecedente a quello di inizio della prestazione agile (art. 9-bis DL 510/1996). La mancata comunicazione comporterà una sanzione amministrativa da 100 a 500 euro per ogni lavoratore.Una volta avviato lo smart-working, l’azienda potrà registrare nel Libro Unico del Lavoro (LUL) le giornate smart (effettuate fuori dai locali aziendali). Un’altra cosa da ricordare è che con lo smartworking l’ambiente ci guadagna, perché meno traffico vuol dire meno inquinamento. Ci guadagnano le aziende: riducono gli spazi, pagano affitti più bassi e bollette della luce più leggere e hanno una produttività del lavoro più alta. Una Legge che stabilisce alcuni principi di base, come il diritto alla parità retributiva e alla disconnessione, esiste dal 2017. Quello che stiamo facendo oggi è uno smart work in emergenza, e non è un’opzione ma un obbligo, e serve per tenere in piedi il Paese. Quando finirà questa emergenza e si ritornerà alla normalità, sarà necessario negoziare questa modalità a livello individuale, aziendale e nei contratti collettivi. Senza fare differenze di sesso e condizione familiare.
Lucia Gargiulo
Consulente del Lavoro – Segretario PD Sant’Agnello

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