La scomparsa di Andrea Camilleri
Si è spento senza rumore così come aveva vissuto uno “S”crittore. Figlio di quell’isola genitrice di Verga, Sciascia e Pirandello dove la dignità nella miseria costituisce adamantino paradigma contrapposto alla frenetica caccia della “roba”, della ricchezza, del successo. La Trinacria dove tutto scorre lentamente, dove i cambiamenti sono volti a non cambiare nulla, dove i visi degli anziani, pescatori o agricoltori, avvizziscono come le file di fichi messi ad essiccare, dove la risata è bandita, se non nei giochi dei “piccidirri nica”, ma dove si sorride nelle difficoltà e dove un fortunato rovescio di sorte è guardato con diffidenza perchè lo si ritiene non definitivo o duraturo.
La sua penna ha partorito paladini e saraceni, Angeliche e Astolfi, attingendo al teatro dei pupi e calandoli nella modernità, apparente, de giorni nostri.
Del ciclo romanziero del Commissario non mi rimarrà la, supposta, perfezione ed integrità morale del protagonista, quanto le debolezze di Mimì Augello, la precisione e la meticolosità, quasi da psicoastenico, di Peppino Fazio, l’umiltà e la sapienza popolare di Caterella, tutta da interpretare e tradurre, il cinismo denso di umanità (caso unico di tautologia razionale) del dottor Pasquano.
Montalbano ha rappresentato la fortuna e la diga contro cui è andato ad infrangersi e da cui ha saputo, sapientemente, ritrarsi senza negare al lettore una sagace e pungente battuta ironica.
Ora lei giace nel silenzio e riserbo di chi l’ha amata ancor prima del successo e la immagino con l’immancabile sigaretta ascoltare chi le legge il giornale con l’ultimo editoriale di chi l’ha chiamata terrone ed il suo personaggio un rompicoglioni. Immagino una battuta delle sue a chiosare. Buon riposo Andrea Camilleri
di Vincenzo Romano