Ghiaccio Alimentare, quello che devono sapere i consumatori per la sicurezza
Nel 30% percento dei casi il ghiaccio di bevande di popolarissime catene internazionali come Starbucks, Costa o Caffè Nero risulta essere contaminato da batteri fecali coliformi. È quanto emerge dall’inchiesta choc condotta dalla BBC per la trasmissione Watchdog in alcune decine di caffetterie UK. Rilevazioni allarmanti che spingono INGA – Istituto Nazionale Ghiaccio Alimentare – a richiamare l’attenzione anche in Italia affinché il ghiaccio alimentare sia prodotto sempre in maniera corretta e perfettamente salutare.
L’indagine della BBC ha dimostrato come la scarsa igiene degli addetti e delle macchine che producono i cubetti di ghiaccio abbia compromesso seriamente la qualità e salubrità dell’alimento, tanto che, secondo l’esperto Tony Lewis del Chartered Institute of Environmental Health, potrebbe esserci il rischio di infezioni e malattie visti i «livelli preoccupanti» di batteri fecali coliformi emersi dalle analisi.
INGA, che da sempre è in prima linea per promuovere l’adozione di precauzioni igieniche nella produzione, stoccaggio e distribuzione del ghiaccio, richiama dunque l’attenzione sul tema consapevole del fatto che non sempre il ghiaccio viene considerato come un alimento e dunque trattato con le dovute accortezze igienico-sanitarie. Per sopperire a questa mancanza, è nato il Manuale di Corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare, approvato dal Ministero della Salute: un documento agile ed esaustivo, unico nel suo genere, dedicato all’industria e alle medie e medio-piccole realtà commerciali di auto-produzione, con utili riferimenti anche per chi produce il ghiaccio in forma domestica.
Nei piccoli esercizi che autoproducono ghiaccio, infatti, accade che non sempre si utilizzi acqua con i requisiti necessari a renderla idonea al consumo umano, non sempre si effettuano con continuità le operazioni di sanificazione delle macchine produttrici e delle attrezzature utilizzate per lo stoccaggio, non si ha alcuna evidenza e certezza che tutti i materiali che vengono a contatto col ghiaccio siano idonei né vi sono procedure chiare e scritte su come gli addetti debbano manipolare il ghiaccio o su come vada stoccato e movimentato. In pratica, la produzione, conservazione e somministrazione di ghiaccio sono attività che oggi nella maggioranza dei casi non vengono eseguite in maniera corretta. Fondamentale è dunque fare informazione, spiegando agli addetti ai lavori, ma non solo, come va trattato questo alimento.
«Molti bar, discoteche, pub, ristoranti e altri operatori del settore turistico e ristorativo anche in Italia, producono ghiaccio che non può essere considerato alimentare, utilizzandolo, lecitamente, per raffreddare le bottiglie e illecitamente a diretto contatto con alimenti e bevande. Anche il ghiaccio prodotto da appositi macchinari, spesso risulta non a norma poiché la macchina non viene sottoposta alle necessarie operazioni di pulizia, manutenzione e sostituzione dei filtri. E in caso di produzioni domestiche, l’attenzione igienica non è certo maggiore – spiega il dott. Carlo Stucchi, presidente Istituto Italiano Ghiaccio Alimentare – Per questo, il primo passo dovrebbe essere proprio quello di includere queste importanti attività di produzione alimentare nel sistema HACCP e, contemporaneamente, lavorare per la diffusione del Manuale, uno strumento inedito per completezza, autorevolezza e specificità dei temi trattati che indica per la prima volta tutte le norme necessarie a garantire che il ghiaccio arrivi al consumatore privo di contaminanti fisici, chimici, ma soprattutto biologici».
In particolare, per la produzione domestica, INGA consiglia sempre di utilizzare solo acqua corrente appena raccolta dal rubinetto o presa da bottiglie di oligominerale non ancora aperte; evitare di toccare il ghiaccio con le mani e usare apposite pinze o un cucchiaio pulito; in caso si preparino scorte da tenere in freezer, sostituire i cubetti almeno una volta ogni 4-6 settimane; pulire spesso il vano refrigerante e lavare con un normale detersivo per piatti le vaschette ogni volta che si produce ghiaccio e, dopo averle riempite d’acqua, coprile con un foglio di alluminio per evitare contaminazioni provocate dagli altri cibi presenti nel congelatore; refrigerare rapidamente l’acqua posta nelle vaschette a -18°C; conservare ad almeno 5 -10 °C sotto lo zero per evitare liquefazioni e ricongelamenti; utilizzare il ghiaccio conservato in ciascuna vaschetta in una volta sola (scartare quello non immediatamente utilizzato); fare attenzione del macchinario usato per tritare il ghiaccio e nel caso di frigoriferi provvisti di preparatore automatico di ghiaccio, si consiglia di seguire le procedure di manutenzione e sanitizzazione dell’apparecchio, contenute nei libretti d’istruzione.
Nel caso di produzione industriale, invece, l’iter da rispettare è più complesso e prevede specifiche attenzioni rispetto alla provenienza dell’acqua (rete o pozzi), l’attivazione di piani di controlli, la manutenzione costante degli impianti, l’utilizzo di materiali idonei al contatto con l’acqua, nonché l’adozione di specifiche modalità di filtrazione e di disinfezione con radiazioni UV.
Ancora, per l’autoproduzione, si consiglia di: inserire nel proprio sistema HACCP almeno un’analisi annuale della potabilità dell’acqua nei punti di utilizzo e di gestire le macchine per l’autoproduzione del ghiaccio tramite contratti di assistenza a cura della ditta fornitrice; inoltre, è bene posizionare tali macchine in ambienti idonei e puliti; fare attenzione ai serbatoi di polmonazione dell’acqua e, al momento dell’acquisto, richiedere al fornitore le dichiarazione di conformità CE e la dichiarazione di conformità dei materiali utilizzati. È poi opportuno prevedere un programma di pulizia e sanificazione anche attraverso lo smontaggio delle parti di macchinario più a rischio contaminazione e avviare la raccolta del ghiaccio subito dopo la produzione in contenitori idonei al contatto con gli alimenti secondo la vigente legislazione; tali contenitori devono essere mantenuti puliti e sanificati e, una volta riempiti di ghiaccio, se non adeguatamente isolati, devono essere deposti in congelatore a – 10 °C al fine di evitare liquefazioni e sviluppi microbici. Nel caso di produzione e stoccaggio per più giorni i contenitori devono essere identificati con un numero di lotto o data di produzione e durante l’utilizzo gli operatori devono sempre rispettare le corrette prassi igieniche per la manipolazione degli alimenti utilizzando attrezzi dedicati.
In alternativa, si può acquistare il ghiaccio confezionato già pronto all’uso da aziende certificate come le molte esistenti in Italia, in particolare in Sicilia – regione in cui il Manuale affonda le sue radici -, tra cui si ricorda IceCube, primo produttore in Italia di ghiaccio alimentare confezionato, che ha collaborato alla creazione e diffusione del Manuale. Ulteriori informazioni su www.ghiaccioalimentare.it