Troppe donne uccise da uomini che non accettano le separazioni
I casi di femminicidio si stanno moltiplicando in modo esponenziale e soprattutto preoccupante in Italia dove ormai quotidianamente facciamo i conti con episodi di inaudita e brutale violenza ai danni di donne vittime dei loro compagni, mariti e fidanzati. Come riferiscono le cronache nella maggioranza dei casi i partner non accettano la fine della relazione che per la donna non è più sostenibile. Così esplode una violenza cieca, si scatenano veri e propri moti d’ira dove la ragione si perde e l’uomo si trasforma in un bruto, in un assassino che non solo ammazza, ma infierisce anche sulla sua donna e spesso anche sui propri figli. In qualche caso l’assassino, dopo l’efferato delitto, sceglie il suicidio in un momento di lucida consapevolezza della tragedia immane di cui si è reso responsabile. Il quesito che sta sulla bocca di tutti è però il seguente: come si può arginare questo fenomeno, come si può scongiurare il ripetersi di tali eventi che innescano istinti imitativi in una società sempre più sorda, indifferente verso le sorti dell’individuo, verso questi drammi che stanno acquisendo un carattere di ordinarietà proprio per la frequenza con cui accadono ingenerando alla fine quasi indifferenza. Il livello di violenza che, complice una miriade di fattori di ordine sociale, economico e culturle, si sta accumulando nella comunità cresce in modo sempre più preoccupante generando una molteplicità di eventi che spesso non offendono più la morale anche per la consuetudine con il sangue e con la violenza determinata dai media, in particolare la televisione e internet. Violenza sovrabbondante, ovunque, sempre più cruda al punto da non far più orrore: questo consente a chiunque di sentirsi arbitro della vita altrui e quindi facultato a impugnare un arma e con essa uccidere chi non si assuefa ai propri voleri. E’ praticamente scomparsa la capacità di dialogare e di confrontarsi, di ascoltare le ragioni degli altri e di contrapporre a quelle altrui le proprie idee, i propri sentimenti. Per modificare culturalmente questo atteggiamento richiede tempo, forse decenni per i decenni di violenza assimilata gratuitamente da intere generazioni spesso inconsapevoli di che cosa significa uccidere o violentare un’altra persona. E’ un processo troppo lungo se attraverso di esso si intende contrastare il femminicidio.
Oggi occorre sensibilizzare le donne che vivono situazioni critiche e che intendono chiudere le proprie relazioni, separarsi per intraprendere un’altra vita che ciò non è possibile senza esporsi a una certa dose di rischio non sempre autovalutabile. C’è bisogno di accompagnare la donna e il partner in questo processo di dissoluzione della coppia e questo nell’interesse primario della donna che ha oggettivamente bisogno di aiuto per dire basta a un rapporto che, per qualunque motivo, è senza prospettive e senza futuro.
I Consultori familiari rappresentano sicuramente un istituto da rianimare in questa nuova dimensione sociale per assumere la funzione di primo riferimento per le donne che intendono intraprendere separazioni e così coinvolgere il partner in un percorso critico che consente una presa di coscienza che può scongiurare l’esplosione improvvisa di violenza. Le donne oggi devono difendersi da un uomo che vive in modo sempre più stressante il rapporto con loro e per farlo hanno bisogno di un aiuto perchè l’epilogo tragico di una storia è sempre in agguato, imprevedibile e anche un semplice appuntamento per parlarsi può scatenare la furia omicida!