BCE, “allentamento monetario” formato CocaCola
Questa mattina, nei pressi di Piazza Municipio a Nocera Inferiore (Sa), all’ora di pranzo, la Coca-Cola ha “sguinzagliato” una quindicina di ragazze e ragazzi che, con il sorriso sulle labbra e l’auspicio di buon pranzo, hanno regalato una bottiglia della gradevole bevanda ai cittadini di passaggio, in una cangiante busta intestata alla ditta produttrice. Ho assistito per caso alla piacevole “esibizione” ed ho associato mentalmente l’operazione di “marketing” della Coca-Cola al congegno finanziario di allentamento quantitativo (quantitative esasing) della Banca Centrale Europea (BCE), in corso da diversi mesi nei Paesi dell’Unione.
Evidentemente l’assillo e l’attenzione costante per i pericolanti conti pubblici mi accompagnano in tutte le vicende, anche quelle di ordinaria vita quotidiana.
La BCE stampa 60 miliardi di euro ogni mese e, rastrellando titoli di Stato a piene mani, riempie di liquidità le banche europee. Esse, a loro volta, dovrebbero girare le risorse così ottenute al mondo produttivo e, per quella strada, sviluppare l’occupazione ed il prodotto interno lordo (PIL) dei Paesi interessati. E’ questo il “quantitative easing” o allentamento quantitativo.
La Coca-Cola distribuisce (occasionalmente) gratis la sua bevanda per ricordare agli utenti la sua esistenza e per stimolarne il consumo, probabilmente in fase stagnante.
Maggior consumo di bevanda significa maggior fatturato e maggiori utili per l’azienda produttrice, oltre che posti di lavoro e investimenti della società quotata alla borsa valori di New York.
L’accostamento BCE/Coca-Cola è probabilmente, anzi sicuramente, eccessivo e fuorviante. L’esito insoddisfacente dell’operazione di marketing dell’azienda in oggetto, produttrice di bibite gassate procurerebbe qualche difficoltà ad un numero di lavoratori ed operatori del settore, ma non avrebbe conseguenze sistemiche.
Il fallimento dell’azione della Banca Centrale Europea procurerebbe conseguenze sistemiche, inglobando nella disfatta: banche, società produttrici, lavoratori di interi settori e, in definitiva, l’”azienda Stato” con la negatività e pervasività dei suoi conti pubblici.
Una cosa è certa: la bevanda sopra indicata arriva di sicuro sulle tavole dei cittadini omaggiati, visto anche il tempismo dell’intervento. Le risorse trasferite in gran copia dalla BCE alle banche europee, per un motivo o per l’altro, non arrivano sulle tavole, o meglio nei portafogli, dei consumatori italiani, francesi, spagnoli, ecc…
Non è il caso di richiamare qui l’idea di un banchiere americano, già alla guida della Federal Reserve USA che, per spirito o per convincimento ed estremizzando, esortava a distribuire a pioggia i dollari da elicotteri in volo per spingere gli americani a consumare in maggior misura.
La sostanza delle cose, gira e rigira, è questa: i consumi in Italia (e non solo) diminuiscono e tutto briga per spaventare anche i risparmiatori che rappresentano, allo stesso tempo, la folta famiglia di consumatori.
Richiamo qui, solo di passaggio, la brutta esperienza dei risparmiatori (molti gli italiani) che possedevano titoli di Stato della Grecia e che, nonostante le rassicurazioni di esponenti di spicco (tra questi il Ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa) hanno visto quasi azzerato il loro investimento.
Per non parlare della circostanza secondo cui l’allentamento quantitativo (quantitative easing) della BCE ha provocato o peggiorato i rendimenti dei buoni del tesoro poliennali (BTP), da sempre riserva privilegiata dei risparmiatori di lungo periodo, al punto da disincentivarne la sottoscrizione, con preferenza per la pura liquidità. Liquidità che, ovviamente, non produce reddito e blocca consumi ed investimenti in beni durevoli.
Un accenno fugace, ma non secondario per consistenza e ricadute, va al pericolo di liquidazione delle banche con parametri “non rispondenti” (cosiddetto bail-in). Da qui altro momento per la messa in agitazione di azionisti, obbligazionisti e comuni depositanti delle banche interessate.
Da ultimo si segnala la minaccia per i malcapitati mutuatari che, impossibilitati a versare sette rate del mutuo fondiario, salvo ravvedimento e risistemazione del provvedimento legislativo, perderebbero la proprietà della loro abitazione.
I politici a tal riguardo, come al solito, incolpano l’Unione europea che avrebbe dettato, a loro insaputa, la dispettosa disposizione.
A questi mutuatari, impossibilitati per forza maggiore a far fronte all’impegno bancario, non basteranno fiumi di Coca-Cola.
di Santolo Cannavale