Dall’Egitto un nuovo modello di organizzazione politica

Tunisia

“La comunità meridionale, ha l’occasione di giocare un ruolo importante nel risveglio politico, culturale ed economico del Mediterraneo agganciandosi al desiderio di libertà, consapevolezza e rinnovamento che viene dai popoli meridiani. 

Negli ultimi tre mesi, la politica internazionale è stata monopolizzata da quanto è accaduto e sta accadendo in Nord Africa e in Medio Oriente. Da buoni occidentali, la nostra attenzione è stata presto catturata dai fatti in Libia. Troppi sono gli interessi economici nell’ex colonia per non essere spinti dalla curiosità di capire e di conoscere l’evolversi degli eventi.  Ma da un punto di vista politologico, la vera novità delle recenti rivoluzioni della sponda Sud del Mediterraneo vanno cercate altrove: in Egitto, laboratorio di nuovi modelli di organizzazione, di lotta e di protesta politica. Le vicende egiziane andrebbero analizzate seriamente dal mondo delle associazioni, partiti e movimenti meridionalisti di base e prese come riferimento. Le rivoluzioni non nascono per caso e le proteste egiziane di fine gennaio hanno origine nel 2004, quando alcuni intellettuali e volti noti egiziani diedero vita ad un movimento extraparlamentare chiamato Kifāya (Basta) che aveva due slogan fondamentali: “no a un altro mandato” e “no a una repubblica ereditaria”. Il riferimento esplicito era al presidente Mubarak ed alla possibilità che i poteri passassero al figlio Gamāl.  L’interesse che suscita Kifāya è duplice. Innanzitutto esso ha avuto il merito di rompere il più grande tabù egiziano: protestare contro il presidente, la tirannia, la corruzione, il sottosviluppo, la perdita di memoria e l’annullamento di un popolo ad opera di un regime geriatrico (tutti i leaders superavano i 70 anni), gerarchico e illiberale.
Ma Kifāya è un esperimento interessante anche perché si pone come un modello innovativo per le organizzazioni politiche moderne. Esso è innanzitutto un movimento a-ideologico, perché ingloba dentro di sé ideologie e orientamenti politico-sociali diversi ma accomunati dall’opposizione al regime.Orientamenti diversi quindi, ma con un obiettivo comune. Oltre ad essere privo di ideologia, Kifāya è un movimento acefalo, cioè con molti coordinatori, portavoce, rappresentanti, quartier generali. Ciò per uscire dalla personificazione della politica in cui l’Egitto è stato imprigionato per cinquant’anni. Un’organizzazione di riferimento attorno alla quale sono nate diverse organizzazioni satellite: Giornalisti per il cambiamento, Intellettuali per il cambiamento, Operai per il cambiamento, Contadini per il cambiamento ecc.
La novità di Kifāya sta allora nella orizzontalità organizzativa che permette a tutti di esprimersi senza i filtri e i vincoli della gerarchia. Orizzontalità che si è espressa soprattutto attraverso il trinomio: Facebook, Google, You Tube (Facegooyout) ma anche sms, siti web e blog.
Per diversi anni Kifāya è stato un movimento di èlite limitato a poche centinaia di persone ma con lo sviluppo dei new media e dei social forum, in particolare Facebook, l’effetto orizzontalità ne è risultato enormemente amplificato. E’ soprattutto attraverso questi strumenti che Kifāya ha veicolato le proprie idee, fatto le proprie denunce e mobilitato milioni di persone. Esempi ne sono il Movimento dei giovani del 6 aprile (Mg6a) che può essere considerato il primo modello di organizzazione sociale su Facekook. Si tratta di una pagina creata da un ingegnere civile e da una giornalista, non ancora trentenni, per sostenere gli operai di una zona industriale alle porte del Cairo e che promuoveva una giornata di disobbedienza civile (il 6 aprile 2008). La pagina ebbe decine di migliaia di iscritti e migliaia furono i partecipanti alle manifestazioni del 6 aprile. Ahmad Mahir (classe 1981), il giovane ingegnere ideatore del gruppo, fu arrestato e torturato. Ancora più significativo è stato l’esperimento della pagina Facebook creata da Wā’il Ġunaym (classe 1980) capo del settore marketing di Google per il Medio Oriente che diede vita ad una pagina chiamata Siamo tutti Hālid Sa’īd che ha raccolto più di un milione di iscritti. Hālid Sa’īd era un giovane di 28 anni che fu arrestato, torturato e ucciso dalla polizia perché aveva postato su Youtube un video  che incastrava alcuni poliziotti mentre si dividevano il bottino di una retata antidroga e la pagina Facebook di Wā’il Ġunaym era in suo sostegno e di protesta contro i metodi autoritari del regime.
Ovviamente la rivoluzione Egiziana non si riduce a internet, ai video, ai blog ed a Facebook. Essa è stata completata con una straordinaria capacità operativa soprattutto nel momento in cui si sono portate centinaia di migliaia di persone nelle piazze e nelle strade del paese. Ma questi strumenti ne hanno costituito un importante supporto mediatico, comunicativo e organizzativo: gli appuntamenti per le proteste venivano fatti circolare con eventi su Facebook, video e siti. Le denunce venivano fatte con video su Youtube, pagine, gruppi e note sul social forum di Zuckemberg.
Quale insegnamento può trarre da questa esperienza il meridionalismo di base? In un quadro in cui i movimenti meridionalisti, a causa di divisioni e personalismi, non riescono ad assumere un ruolo politico rimanendo divisi e incapaci di raggiungere la necessaria massa critica per essere considerati qualcosa di serio dagli altri competitor politici ma soprattutto dall’elettorato meridionale, l’organizzazione orizzontale di Kifāya potrebbe essere considerata un modello di riferimento. Un’organizzazione aperta che coordini l’azione delle centinaia di associazioni e delle migliaia di attivisti attraverso indirizzi, simboli, principi ed obiettivi comuni in cui ciascuno sia protagonista e mai spettatore.
La comunità meridionale, partorita dalla civiltà greca, è stata per secoli faro di civiltà e cultura. Centro del Mediterraneo dallo spirito cosmopolita, oggi degradato a discarica morale e materiale d’Italia e d’Europa, ha l’occasione di giocare un ruolo importante nel risveglio politico, culturale ed economico del Mediterraneo agganciandosi al desiderio di libertà, consapevolezza e rinnovamento che viene dai popoli meridiani. Per farlo però deve individuare i giusti mezzi e le giuste strategie. Non farlo metterebbe una pietra tombale sul nostro futuro“.

scritto da Enea**
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* Fonti: Marco Hamam, La vittoria dei giovani di Facebook (2011). Lorenzo Trombetta, Diario di una rivolta tenace (2011). Mena Milad e Mena Fouad, Alessandria, la rivoluzione e il desiderio di risorgere (2011).
** ENEA è lo pseudonimo utilizzato da un attivista meridionalista.

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