Oggi il Sen. Lauro ha proposto l’abolizione dell’ordine dei giornalisti

Sen. Raffaele Lauro (PdL)

ROMA – Una settimana dopo la presentazione del disegno di legge per l’abolizione del valore legale del titolo di studio il Sen. Raffaele Lauro (PDL) torna alla carica con la sua “rivoluzione einaudiana” per abolire l’ordine dei giornalisti con un disegno di legge composto da un solo articolo. Spiega Lauro: “Con l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti verrà a cadere un’anomalia tutta italiana all’interno dell’Unione Europea e si restituirà piena dignità professionale a chi svolge la professione di giornalista. Tornare alla rivoluzione liberale di Luigi Eiunaudi“. Il disegno di legge, composto di un solo articolo, è stato presentato stamane al Senato per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti, come disciplinato dalla legge n. 69 del 1963 e che compone quella parte della legislazione statale che, nel corso dei decenni, si è stratificata in materia di comunicazione e di informazione. Tale intento soppressivo deriva sostanzialmente dai profondi ed irreversibili mutamenti che i processi telematici e di Internet hanno determinato sul versante della liberalizzazione dei sistemi di comunicazione. La rivoluzione informatica, già nei fatti, ha determinato uno spostamento radicale dalla “materialità” della carta stampata al mondo del web, determinando di conseguenza anche concettualmente una coincidenza tra il concetto di libertà di stampa con quello di libertà di opinione. “La legge che propongo di abrogare – ha dichiarato Lauro –  ha garantito e tutelato, fin dal suo nascere, più che la libertà di stampa, la stampa, intesa come corporazione giornalistica. Già nel 1945, Luigi Einaudi aveva levato la voce contro l’istituzione di un Ordine dei Giornalisti, definendo addirittura immorale un albo obbligatorio, perché avrebbe posto un limite a quel che limiti non ha, e non dovrebbe avere, cioè alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell’albo obbligatorio avrebbe resuscitato i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti.  Una previsione, quella di Einaudi, primo Presidente della Repubblica, che ha trovato drammatico riscontro nella realtà di questi decenni repubblicani, fino ad oggi. Il dettato costituzionale e la lettera stessa dell’articolo 21 della Costituzione (libertà di pensiero e di stampa) consentono a tutti i cittadini l’esercizio della libertà di stampa, mentre la legge n. 69 del 1963 ha stabilito il contrario, perchè nessuno può assumere il titolo, né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell’albo professionale.” “Con l’abolizione dell’Ordine – ha aggiunto Lauro – verrà a cadere un’anomalia tutta italiana all’interno dell’Unione Europea e si restituirà piena dignità professionale a chi svolge la professione di giornalista. Ogni singolo professionista risponderà della sua capacità di esercitare la professione nei termini di legge. Avremo professionisti che non vedrebbero minato il loro diritto alla libertà di opinione od espressione, semplicemente perché un ordine impone, come etica collettiva, quella che invece dovrebbe essere un’etica individuale. Resterà ovviamente salvo il diritto per ogni categoria di organizzarsi come ritiene più opportuno, ad esempio con associazioni di categoria o associazioni parasindacali, ma non tramite ordini, ai quali è obbligatorio iscriversi.” ” Parliamo sempre di Europa, ma difendiamo tutte le vecchie logiche corporativistiche. Nel resto d’Europa – ha concluso Lauro -la professione è governata da logiche prevalentemente   associativo-sindacali, anche se non mancano iniziative di regolazione professionale con il concorso di autorità pubbliche. In sostanza, si vede chiaramente che l’attività giornalistica è concepita secondo logiche di mercato, associativo-sindacali e organizzative proprie delle aziende editoriali, in cui viene svolto il lavoro vero e proprio. Da una parte gli editori, dall’altra i giornalisti (tutelati da uno o più sindacati). Lo Stato interviene in rari casi, partecipando alle commissioni che abilitano i giornalisti alla professione. In altri casi, come in Gran Bretagna o in Germania, lo Stato non c’entra affatto. Bisogna spingere verso il modello più avanzato europeo ed aprire l’esercizio della professione a tutti coloro che la esercitano di fatto. Il lungo dibattito sulla riforma dell’Ordine non è arrivato a nulla e dimostra probabilmente l’impossibilità di un’autoriforma. Solo con l’abrogazione della legge, unitamente al depotenziamento di posizioni di rendita e di potere di pochi, si otterrà anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che scrivono.”

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